La storia moderna partenopea, incorona un nuovo guerriero, che porta il nome di Gokhan Inler, la cui armatura è rappresentata dalla maglia azzurra.
Già, quella maglia, intrisa di storia ed orgoglio, capace di pesare come un macigno sulle spalle di interpreti incapaci di sostenere il peso dell’onore che in essa vi è tatuata, lasciandolo tramutare in onere e rimanendone sopraffatti, schiacciati, partita dopo partita.
Perché la passione, che sovente si tramuta in pressione, di questa piazza che repentinamente sa catapultarti sul carro dei vincitori, ma altresì abile è a scaraventarti nelle retrovie degli oscuri dimenticatoi, allorquando dalla prestazione sviscerata in campo non scaturisce il sigillo di “calciatore da Napoli“, è un banco di prova sul quale tutti, ma proprio tutti i calciatori azzurri o prima o dopo devono essere tassativamente sentenziati.
Ma “Gokhan il barbaro” ha e ha sempre avuto le spalle ben larghe per sorreggere il fardello di lustro e responsabilità contro il quale, ogni giocatore del Napoli, è chiamato a sostenere la sua partita più significativa, ogni qualvolta indossa quella maglia.
Uno come lui, proprio no, non poteva rimanerne schiacciato.
La sua consacrazione, però, è stata sofferta. Lunga, altalenante e sofferta.
Spesso ha dovuto ingoiare rospi duri da digerire, allorquando il pubblico rumoreggiava al cospetto di un suo passaggio impreciso, piuttosto che di una prestazione non proprio brillante. Pochi, ma giudiziosi, in verità, sono stati coloro i quali, sicuri del suo potenziale, hanno atteso in sordina che Gokhan trovasse la dimensione ideale per esprimerlo al meglio.
Le critiche su di lui sono piovute sovente con la stessa veemenza con la quale la grandine delle ultime ore ha interrotto il torpore di quel mite autunno, che ci ha tenuto compagnia fino a qualche giorno fa, imponendo un rigido e severo dicembre.
Ma per Gokhan, a dispetto della temperatura polare, oggi è giunta la primavera.
Ci hanno pensato due prodigiose saette ad allontanare l’acredine delle uggiose polemiche.
Perché le sue doti, la sua classe, e ancor di più, il suo animo da guerriero vero, mai avrebbero potuto consentire a quell’ “88” stampato sulle sue portentose spalle di non conquistare la consacrazione che solo il boato del San Paolo sa conferire, allorquando invoca il nome dell’eroe di turno, esultando ed estasiandosi per una sua prodezza.
Ci è voluto del tempo, si è fatto attendere, ma il suo gol, anzi, i suoi gol sono arrivati.
Oggi, dopo l’ennesimo “toto-Inler“: “Sarà in campo dal primo minuto o meno?” Ci ha pensato lui stesso a rispondere: “Presente!” Per ben due volte.
Grandi, grandissime doti fisiche, supportate da una tecnica sopraffina, metronomo del centrocampo partenopeo, abile a dettare i ritmi, impostare e cambiare il gioco della squadra, altresì efficace nel rompere le uova nel paniere agli avversari, interrompendone le azioni di gioco, capace di disimpegnarsi in fase difensiva, ma anche in quella offensiva, munito di un buon colpo di testa e la ciliegina sulla torta è incarnata da quel pregevole, raffinato, chirurgico tiro dalla distanza che inizia finalmente a rivelarsi un’efficace macchina da gol.
Ma soprattutto, Gokhan è un cuore che batte, fiero ed orgoglioso, avvolto nel caloroso abbraccio di quella “N” azzurra che lo ricopre, tutte le volte che scende in campo ed è un animo che lotta e combatte, fino all’ultimo respiro, forte e consapevole del suo valore e del suo potenziale, sa quanto prezioso può essere il contributo che è in grado di fornire alla causa azzurra.
E da oggi, anche Napoli lo sa.
Da oggi in poi e, si auspica, in maniera indelebile, nel dizionario napoletano, sotto la voce “guerriero” verrà aggiunta l’immagine di Gokhan.
Luciana Esposito
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Articolo modificato 2 Dic 2012 - 16:22