E’ il diritto, che troppo diritto non è se viene inclinato dal soggettivismo dell’applicazione. E’ la legge, che legge non è se la lettura si rende illeggibile.
Ciò che resta è un senso di nausea, di una “colpa” fatta di niente, traballante su orecchie che forse mai hanno ascoltato, e di una proposta che infama, o meglio dovrebbe infamare, solo il formulante.
Ma così non è , o meglio non è per la giustizia sportiva. La colpa di Cannavaro e Grava è forse solo quella di aver ascoltato un tentato “crimine” sportivo, è aver taciuto un’intenzione illecita, è non aver accettato.
Giustizia vuole che si denunci il corruttore, e questo non è avvenuto. Ma giustizia vuole anche che il corruttore “pentito” porti prove indiscutibili, firme su atti, registrazioni trasparenti. Niente di tutto questo; la sentenza è stata emanata sul nulla, sulla propensione a credere al corruttore, a chi nel linguaggio della giustizia penale sarebbe chiamato imputato.
Un imputato che però si trasforma in criminale quando reo-confesso, ed è il caso dell’ex novantasettesimo portiere azzurro. Colpevoli dunque Cannavaro e Grava solo perché forse hanno ascoltato. E’ come se un passante sentisse distrattamente in un bar, in maniera incerta e confusa, una discussione tra due uomini che progettano una rapina. L’uomo in questione cosa dovrebbe denunciare, a chi? Se denunciasse denuncerebbe un’intenzione, e l’intenzione non è perseguibile. Ma amici dei due intenzionali rapinatori dicono tutto a dei magistrati, e portano a testimoniare i due avventati uomini del bar. Quest’altri tirano in ballo l’inconsapevole ascoltatore, affermando che sapeva, che gli era stato detto del colpo, ma che han rifiutato.
La giustizia vera vorrebbe un trattamento diverso dei soggetti chiamati a discolparsi. Condannerebbe il corruttore e tutt’al più farebbe oggetto di una reprimenda colui che non si è fatto irretire ma che pur sapendo non ha denunciato. Invece le cose vanno in maniera diversa. Corruttori e non corrotti vanno incontro a uno stesso destino.
Assurdo!
Come assurda è l’applicazione ineguale dei provvedimenti disciplinari. Alcuni sì, altri no. L’interpretazionismo è una corrente filosofica partorita dalla Scolastica medievale, nulla c’entra con ciò che si vorrebbe oggettivo, cioè non passibile di interpretazione, ovvero inconfutabile e incontestabile.
Ultima lancinante idiozia giuridica, la responsabilità oggettiva.
La SSCN è stata punita unicamente per il fatto di comprendere il corruttore tra i suoi stipendiati. Siamo ritornati alla consuetudine greca, quella che voleva Oreste destinato alla punizione ineluttabile perché discendente dell’Agamennone assassino. La colpa dei padri che cade sui figli; in questo caso, quella dei figli che cade sui padri.
Quella che si è consumata oggi è davvero una triste pagina di giusta giustizia nell’ingiustizia.
Carlo Lettera
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