Non riesco a spiegarmelo, forse dovrei chiamare in causa oscure forze irrazionali, primitive sensazioni pre-logiche, ma c’è una costante in ogni singola creatura e in ogni gruppo sociale: nell’abisso si prova un’ebbrezza di grandezza che è paradossale.
Oggi questa disperata grandezza ci tocca nel profondo, ci scuote nervi e ossa, ci ha fatto in qualche modo nuovi. Precipitato al quinto posto, oggi il Napoli ci appare più grande per contrasto, per una rivolta della giustizia violata, per un accanimento che dimostra direttamente il nostro essere “tenuti in conto”.
“Vi faremo vedere. Recupereremo. Quello che non uccide rende più forti”, sono tutte frasi che vedo passare nelle menti ferite dei tifosi, ricompattati intorno alla devastazione, lungo il fuoco della “tragedia collettiva”.
Perché il dolore ha bisogno di essere condiviso per una naturale predisposizione alla sua neutralizzazione. Ed oggi noi tutti abbiamo raggiunto un’intesa che solo i grandi “drammi” permettono. Ci avvertiamo davvero più forti, nella convinzione che il torto esiga un risarcimento per sanzione divina.
Il Napoli farà della rabbia un carburante non ostruttivo ma dilatativo, a cominciare da domani, per continuare a Siena, per terminare in un trionfo e in un riscatto che ripaghi e riporti la giustizia in equilibrio.
Nella voragine sportiva in cui siamo collassati riusciamo a percepirci immensi come l’oscurità che c’inghiotte. Utilizziamo questo paradosso dello spirito, teniamolo per i capelli e legati ai suoi fili risaliamo. Tutti uniti, come ora. Se spingiamo tutti insieme ancora più immenso apparirà il nostro destino. La grandezza solitaria termina in tragedia, quella collettiva in apoteosi. Forza Napoli!
Carlo Lettera
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