Un Napoli orfano del suo capitano.
Per cui, la prima immagine impressa sulla fresca pagina bianca, impaziente di essere gremita di passione, ardore, impeto, rivalsa e lacrime di gioia, è quella di un temerario e fiero scugnizzo slovacco, ma adottato da Parthenope da 6 anni, ormai, dalla capigliatura al quanto discutibile e dal talento innegabile.
Marek, proprio lui, Marek Hamsik.
Già. Marek è chiamato a raccogliere l’emozionante, austera, ardimentosa, ma altresì delicata, spinosa, esigente, ponderosa eredità, assemblata nella fascia di capitano del Napoli che dal braccio sinistro di Cannavaro, per cause di forza maggiore, da oggi fino ai prossimi 6 mesi – salvo nuovi verdetti della Giustizia sportiva – passerà proprio a lui.
Tocca a Marek prendere la squadra per mano e trascinarla verso la luce, dopo le ultime prestazioni nelle quali è emerso un Napoli barcollante nel buio.
Tocca a Marek imprimere la grinta, la tenacia e l’incisività per mordere gli avversari e divorare le avversità.
Tocca a Marek onorare e valorizzare quella fascia, martoriata, mortificata e depauperata da leggi, dinamiche e disposizioni che con il calcio giocato, poco o praticamente nulla hanno da spartire.
Tocca proprio a Marek che fin da subito ha compreso l’esigenza e l’ardore con le quali la piazza vive e partecipa alle vicende calcistiche. Poiché, nel giorno della sua presentazione, quel ragazzino di nome Marek, venne accolto da cori e striscioni che contestavano la politica societaria, il cui sunto ben si incarna in un semplice ed essenziale concetto: “Meritiamo di più!”
Il giovane talento di Banska Bystrika, però, nessuno lo aveva visto operare in campo.
Nessuno ancora aveva scoperto quanto letali potessero essere i suoi inserimenti né quanto intelligente e lungimirante fosse la sua chiave di lettura delle dinamiche di gioco.
Anno dopo anno, partita dopo partita, la sua tecnica, il suo talento, si sono affinati di pari passo con la sua capigliatura, fino ad ergerlo a tassello imprescindibile e proclamarlo una delle anime più doviziose e vibranti di questa squadra.
A testa bassa, in silenzio, con la saggezza di un veterano e l’entusiasmo di un bambino, Marek ha tramutato quel “Meritiamo di più” in un “Marek uno di noi”.
Marek ha compreso, ha sposato ed adottato, a sua volta, i principi, i valori, gli ideali di questa terra.
“L’urlo di Marek”, quello che lo slovacco libera sovente dopo una rete, è l’emblema del suo spirito di appartenenza, è la roboante conferma del suo attaccamento alla maglia, è la sua fame di vittoria e di riscatto, è il suo desiderio di gioire e di conferire gioia alla sua gente.
Marek ama Napoli e Napoli ama Marek.
E oggi Marek è il capitano del Napoli.
Non sarà la prima volta che scenderà in campo con quella fascia stretta al braccio, ma oggi e d’ora in avanti, di certo, il suo status avrà un valore ed una carica emotiva diversa.
Marek, tuttavia, è un capitano navigato, giacché da diversi anni ricopre questa carica nella Nazionale slovacca ed ha saputo condurla verso una storica quanto inaspettata qualificazione ai Mondiali del 2010, riuscendo perfino, contro ogni pronostico ed aspettativa, a superare il girone, proprio a spese dell‘Italia degli amici De Sanctis e Quagliarella.
Ma a Napoli, essere il capitano del Napoli, è diverso, assai diverso.
Responsabilità e reggenza, tensione ed emozione, partecipazione e tensione, ma Marek ha le spalle larghe e le braccia sufficientemente forti per poter reggere quel fardello, affinché non gravi su di lui come un oneroso macigno, ma piuttosto lo irradi come un prodigioso diamante.
Marek non è più il bambino che, smarrito ed attonito, guarda gli ultras che contestano De Laurentiis e Marino, Marek, durante questi anni, a suon di gol, sconfitte, vittorie, critiche ed elogi, è diventato un uomo, un piccolo, grande uomo, non nato a Napoli, ma cresciuto a Napoli, nutrendosi della stessa sostanza di cui sono costituiti i sogni e gli ideali di tutti i partenopei.
Principi dei quali ha saputo far tesoro, che porta tatuati nel suo fiero animo e che scenderanno in campo con lui, oggi come sempre, ma un pò più di sempre, perché saranno cesellati su quella fascia alla quale, senza dubbio, Marek imprime un valore assoluto assai più totalizzante di quanto farebbe qualche altro napoletano di fatto, ma non nell’anima.
Marek, figlio adottivo di Napoli, chiamato a conferire giustizia e riscatto alla sua terra putativa, non ha voglia di deludere Parthenope e i suoi figli, nonché suoi fratelli.
Marek vuole dimostrare come e quanto è parte di questa realtà, non solo calcisticamente, ma soprattutto idealmente ed emotivamente.
Marek, oggi, più di sempre, è davvero “Uno di noi!”
Luciana Esposito
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Articolo modificato 22 Dic 2012 - 13:47