Tutto era contro di noi. Tutta la settimana che ha preceduto Siena-Napoli è stata costellata da avversità e segnali che sembravano dirci “Statevi a casa, non ne vale la pena. Dovete ancora ultimare gli acquisti di Natale, arriva tua sorella per le feste e vuoi stare un po’ con lei, siete stanchi di un’intera settimana, siete da soli…” Ma noi non li abbiamo ascoltati.
Le due sfide col Bologna hanno scoraggiato qualcuno, la voglia e la necessità di risparmiare ha bloccato qualcun altro, una macchina rotta all’ultimo momento ha fermato altri ancora. La settimana prima eravamo in più di dieci, tra chi partiva da Napoli, chi da Pompei, chi dal Piemonte. Il giorno prima, eravamo in due. Riusciamo ad organizzarci lo stesso con alcuni amici che avremmo dovuto incontrare direttamente a Siena. Questa trasferta l’abbiamo fortemente voluta, ignorando tutti i segnali. Oppure proprio cogliendoli? Non lo so, so solo che tutto era contro di noi.
Appuntamento 7:45, area di servizio Caserta Nord. Ci aggreghiamo ad altre persone che arrivano da San Valentino Torio, impietositi forse dalla nostra solitudine. Lasciamo la nostra auto e cominciamo il viaggio. E subito capiamo che non rimpiangeremo nulla di questa giornata, vada come vada. I personaggi che ci accompagnano in questo viaggio sono a dir poco mitologici. Due li conoscevamo già. Ci passarono simpaticamente davanti nella fila per comprare i biglietti per Liverpool due anni fa e da allora il destino ce li ha messi sempre simpaticamente davanti, inizialmente per puro caso, fino a capire che forse anche qui avremmo dovuto cogliere dei segnali. E allora abbiamo fatto amicizia e abbiamo deciso d’incontrarci le volte successive per pura voglia. Il Napoli è un collante fenomenale e noi ci lasciamo volentieri prendere nella sua rete. L’altro grandissimo personaggio si rivela a noi piano piano e non possiamo fare altro che innamorarci. Ci ha aiutato molto la sua carta d’identità. Nato a Lanus, Argentina. Praticamente per noi Betlemme. Ancora adesso non siamo convinti che sia vero. Ma non vogliamo saperlo. Ci piace pensare che sia così.
Siamo in cinque all’andata. Sei al ritorno. C’è da recuperare un emigrante che approfitta del passaggio verso sud, verso casa. La tabella di marcia è serrata, ma un ritardo nostro e una strada sbagliata ci sballano un po’ gli orari. E allora il resto del gruppo a cui ci siamo aggregati è già lì che ci tempesta di telefonate. Si mangia al ristorante in cui lavora l’emigrante di cui sopra. Sugo di cinghiale e tagliata innaffiati da un buon Chianti, vin santo e cantuccini come digestivo. Racconti esilaranti di altre trasferte, organizzazioni di trasferte europee future, speranze di una bella partita di Donadel come “migliorìa primm’da mort’”, cori e sfottò per chi pare che usi troppo facebook, ma solo per conoscere altri tifosi del Napoli. Salvo poi non riconoscerli quando li vede dal vivo. Questo è il nostro pre-partita. E chiaramente pensiamo: “Se i segnali dovevano portarci a questo, saremo loro infinitamente grati!”.
Si fanno presto le due e scalpitiamo per entrare. Abbiamo il nostro stendardo da portare sul campo e ne siamo orgogliosi. Peccato che l’ignoranza regni sovrana e la prepotenza pure. C’è un pre-filtraggio da superare. Apriamo lo stendardo con sopra l’effige di Pasquale Fiore, secondo portiere del Napoli di fine anni ’70, simbolo di un calcio di altri tempi, da baffo e maglia di lana. L’ispettore “Beata ignoranza” non lo conosce, mentre i tifosi attorno a noi fanno foto e chiedono di farle anche a me che indosso la maglia con la stessa immagine. “Beata ignoranza” ci dà l’ok per passare. Arriviamo ai tornelli e come al solito la sottoscritta, nota terrorista, deve aprire lo zaino, svuotarlo, farlo tastare. Io faccio vedere alla steward le sciarpe e i guanti dicendole che si prevedeva freddo e invece c’è un sole bello caldo, poi le dico che ho delle medicine avvertendola che non sono anfetamine, poi mi fa aprire la tasca e le dico che ho degli assorbenti, se vuole se li può provare per assicurarsi che non sono piccole bombe a mano. Insomma. Ogni volta perdo minuti preziosi che mi separano dal campo e finisco col dirle che di solito mi controllano il cappuccio: “Vuole favorire anche lei?” Il tutto col sorriso e senza polemica.
Finalmente entro. Ma non vedo più il nostro stendardo. L’hanno tenuto fuori e non lo fanno entrare. E qui m’imbufalisco come poche volte nella mia vita. “Beata ignoranza” non ha creduto alla storia del secondo portiere. Gli apriamo una pagina internet per farglielo conoscere, ma niente. Uno steward fa da portavoce di “Beata ignoranza”, ma io insisto per parlare direttamente con lui, che se lui è un ignorante io non posso farci niente, che abbiamo anche l’autorizzazione della SSCN, che il nostro stendardo è sul sito tra quelli autorizzati, ma chiaramente non funziona la pagina quando l’abbiamo aperta, allora m’impunto e dico che voglio essere cacciata anche io dallo stadio perché indosso la maglia con la stessa immagine. “Beata ignoranza” non si scompone, io invece anche troppo. Resto ferma lì cercando di far sentire la mia voce, ma mi chiudono le porte e “Beata ignoranza” non si degna neanche di rispondermi. Un’ingiustizia che nessuna tessera del tifoso può evitare. Una prepotenza che nessuna maniera educata può scalfire. E un pensiero va ai metodi ultras con un po’ di comprensione in più per loro e tante bestemmie per “Beata ignoranza” che resterà tale. A meno che la Società del Siena non gli girerà la mail che ho inviato con un link di wikipedia su Pasquale Fiore, raccontando l’accaduto. Non so se servirà a qualcosa, ma so che ho visto tutta la partita senza giubbino solo per far vedere a tutti la mia maglia. E vi assicuro che andato via il sole, per un attimo ci ho ripensato.
Lo stadio del Siena è veramente brutto, se non fosse che è a cinque minuti a piedi da Piazza del Campo. I tifosi del Siena sono veramente insipidi se non fosse per il solito coro anti-napoletani che ci ricorda che la vergogna dell’Italia siamo noi. Senza ricordarsi loro che noi con l’Italia abbiamo poco a che fare. La squadra del Siena è veramente inoffensiva, se non fosse che lo siamo anche noi per quasi tutta la partita. Nell’intervallo un amico chiama chiedendoci se abbiamo con noi le carte da gioco. In effetti la partita è veramente soporifera, se non fosse per il tizio accanto che continua a gridare polemicamente a Mazzari di sedersi. Anche quando l’ha beccato in auto fuori allo stadio gli si è avventato contro gridando: “Seeeduuutooo!!”. Un pazzo. Di quelli che durante la partita strozzeresti perché critica tutti e innervosisce, ma che prima e dopo adori per la passione che ci mette. Un po’ come tutti i tifosi presenti.
Il tifo da trasferta, lo devo dire, è parecchio polemico, ha accennato qualche fischio a fine primo tempo, ha ironizzato su un pallone d’oro a Donadel, ha contestato Presidente, allenatore, secondo allenatore e quel povero Santoro. Salvo poi gridare al primo goal: “Iiiihhh! C’ Napul’!” e abbracciarsi felice e togliersi la maglia e cantare a squarciagola. Il popolo da trasferta è soprattutto un popolo di emigrati. Pronti a sentirsi a casa unendosi con gli altri. Io mi guardavo in giro, li sentivo chiacchierare tra loro e pensavo: “Quello viene da Modena, l’altro da Alba, quelli da Verona, un altro da Reggio Emilia, quello lì da Milano, l’altro ancora da Arezzo”. Un ragazzo mi ha chiesto io da dove venivo. Quando ho detto Napoli, ha strabuzzato gli occhi e mi ha fatto sentire un’aliena. “UAH! Vieni da Napoli?!”. Come se fosse assurdo venire da Napoli per vedere una partita del Napoli. E si conoscevano tutti. Tutti uniti da una passione comune. In nome di questa passione sono nate amicizie, viaggi in Europa, inviti a casa, scambi culinari e di favori, intrecci di storie di vita straordinarie e quasi leggendarie.
Quando torniamo a Napoli, siamo stanchi e mezzi addormentati, ma abbiamo comunque raggiunto chi non è potuto venire con noi. Brindiamo con loro al Napoli, alla vittoria, a Pasquale Fiore e persino a Donadel. Ma in cuor nostro brindiamo ai bei legami che questa passione riesce a creare. Improvvisamente tutto mi è chiaro e penso: “Tutto era contro di noi. Ed ecco perché siamo andati.”.
Buon Natale e Sempre Forza Napoli.