Queste le figure principali in un mercato a tinte chiaro-scure, con riflessi tendenti all’alto quando si “sparano” nomi altisonanti quanto improbabili, fino a planare verso il basso quando a fare capolino nella lunga lista mazzariana si tirano in ballo le fatidiche promesse del calcio, andando a parare addirittura nei campionati minori, dove l’eventuale “campioncino” sarebbe visto come l’ennesima scommessa in un contesto che sembra aver esaurito il budget della pazienza sotto questo aspetto. Riavvolgi il nastro e torna punto e a capo, Bigon ne sa qualcosa. C’è bisogno di elementi che siano approvati dapprima dalla piazza e poi al progetto, in barba al portafogli e agli eventuali limiti che il presidente o chi ne fa le veci abbia posto come paletti. C’è la necessità di andare a parare su giocatori in grado di dare lo scossone, elementi di carisma e qualità, uomini che sappiano mettere la marcia in più a questa squadra ferita nell’orgoglio, minandone le velleità di inizio anno proiettate all’assalto alla diligenza bianconera. Calciatori travestiti da indiani, che sappiano cavalcare e raggiungere la preda, senza perdere colpi per strada ed evitando di sprecare tempo prezioso, perché a Gennaio si ha solo un mezzo campionato a disposizione.
In tema di indiani, la società azzurra sembrerebbe aver individuato nel suo vecchio arciere Calaiò il primo tassello da aggiungere ad uno scacchiere scarno e in attesa di ulteriori privazioni oltre i sopracitati Aronica e Dossena. Con Vargas con la valigia sul letto, Manu sembra sia il principale indiziato a ritornare in un progetto che dal 2008 non gli appartiene più, per necessità di stile e blasone, per la ricerca spasmodica del campione, per la pazienza a scadenza di una platea riconoscente ma che non ha i canoni trascendentali che possano dare il tempo necessario ad un giocatore di prendere fiato e ripartire, come accadde a Calaiò l’ultimo anno di permanenza in azzurro, quando furono maturi i tempi del suo addio anche per colpa di una scarsa vena che la sorte ed una forma non al top, coadiuvata da un impiego a singhiozzi, gli impedì di invertire. Ma Calaiò conosce la piazza dicono alcuni, è già pronto per il progetto e la sua integrazione sarà più veloce rispetto ad un elemento nuovo, a cui bisognerà concedere i tempi tecnici dell’ambientamento e la possibilità che la prima parte della sua nuova avventura non sia al massimo delle aspettative. Dipinto gli scenari di facciata, proviamo ad inoltrarci nei rispettivi pro e contro per entrambi i casi. Calaiò lo conosciamo, il giocatore sa fare ciò per cui è chiamato in causa, il gol e i movimenti alla “Cavani“, ma è tutto qui. Che non ci si aspetti che il giocatore possa fare il grande campione e possa essere l’arma in più di questo Napoli. Ha dei limiti caratteriali e strutturali che ben conosciamo, le sue migliori prestazioni sono state nelle serie minori, e, affacciandosi alla serie A ha dimostrato di essere all’altezza solo quando gli allenatori gli hanno dato fiducia e tempo. A Napoli verrebbe da seconda linea, da uomo-ombra di Cavani, avrà il carattere e la tempra giusta per poter abbracciare questo ruolo da antagonista? Di contro, l’elemento nuovo invece potrebbe rappresentare il fattore sorpresa, un inaspettato uomo in più, magari arrivato in punta di piedi a cui non gli si potrebbe affidare sin da subito le stimmate del predestinato a sostituire il bomber uruguaiano, che abbia quindi a suo favore un contesto ambientale tale da poter esprimersi senza destare le critiche troppo spesso feroci quanto veloci della pubblica opinione napoletana.
Insomma, vige nelle menti dei tifosi partenopei l’atroce enigma che in queste ore li attanaglia; affidarsi al nuovo elemento in grado di concedere alla sorte la possibilità di sorprendere, o è bene ripiegare su elementi come Calaiò, che potremmo definire l’usato sicuro? Resterà una domanda priva di risposta, se non in parte, quando la dirigenza partenopea prenderà la decisione definitiva. A Bigon la facoltà di delineare le tendenze degli azzurri.
Articolo modificato 5 Gen 2013 - 11:45