È toccato a molti, personaggi integerrimi e corrotti, passare per la cruna di quell’ago poco evangelico che è la spia del controllo, l’analisi del campione etico osservato un po’ in laboratorio e un po’ dal buco della serratura. Nell’Italia calcistica del ‘900, ne sono capitate di cotte e di crude, lo sanno pure i muri. Ma accade di frequente che le dicerie si mischiano alle cose vere, le indagini alle calunnie e gli indizi alle allusioni.
Lo show mescola tutti gli ingredienti, gradevoli e sgradevoli, a tal punto da non riuscire più a capire dove stia la verità, e, soprattutto, se ne esista una affidabile tra quelle fornite. Perché capita pure che il campionario delle cose perdute e di quelle ritrovate disponga soltanto di alterazioni.
Italo Allodi è stato uno di quelli che ha attraversato tutto il calcio, passando per una carriera non del tutto brillante, con la maglia del Gladiator, squadra di Santa Maria Capua Vetere, senza, però, riuscire a superare i “limiti” della serie C.
Il bello di Allodi arriva in età matura, quando, nel 1959, il presidente dell’Inter Moratti, lo pesca dalla dirigenza amministrativa del Mantova, assegnandogli l’incarico di direttore sportivo. Angelo Moratti aveva scovato un cavallo di razza. E già, perché Italo Allodi contribuì alla costruzione di una delle più grandi squadre italiane di tutti i tempi. L’Inter degli anni ‘sessanta. In nerazzurro vi restò fino al 1967. Poi, lasciato il ruolo, ebbe altre brillanti esperienze dirigenziali, alla Fiorentina, alla Juventus e in nazionale.
Alla metà degli anni ‘ottanta, viene ingaggiato dal Napoli che ha da pochi anni acquistato il Pibe de Oro, Diego Armando Maradona. È l’inizio della grande scalata al successo azzurra. L’arrivo di Allodi garantisce una notevole qualità gestionale, oltre che un occhio esperto e raffinato verso i nuovi talenti e quelli già navigati. Con al fianco un giovanissimo Pier Paolo Marino, che si dirà sempre allievo del maestro Allodi, la Società sportiva Calcio Napoli gettò le basi per tutti i suoi successi. Eppure, Italo Allodi a Napoli non restò a lungo, a causa di vicissitudini personali e di salute.
Nel 1986, in Italia scoppiò un altro scandalo calcistico. Dopo il calcio scommesse dei primi anni ’80, gli organi giudiziari scoprono un altro pentolone, subito denominato “Totonero bis”. Dentro, ci finiscono personaggi noti del pallone e società molto in vista. Tra queste, il Napoli e Italo Allodi. Al dirigente azzurro vennero inizialmente attribuite ipotesi di reati piuttosto gravi. Dopo un lungo filone di indagini, sia il Napoli che Allodi vennero scagionati, ma le indagini e le pressioni mediatiche misero a dura prova il livello di sopportazione di Italo Allodi che, nel 1987, viene colpito da un ictus, si pensa causato dal forte stato di stress emotivo.
Le precarie condizioni di salute del team manager azzurro, furono motivo di preoccupazione per tutta la società e per i tifosi partenopei. Dopo poco tempo, Allodi decise di lasciare definitivamente il calcio, ambiente troppo difficile da affrontare in precarie condizioni di salute.
Durante la sua carriera, Italo Allodi fu più volte accusato da alcuni giornalisti, italiani e stranieri, di essere un corruttore e un dirigente che aveva avuto un ruolo poco pulito nel mondo del calcio. In virtù di alcune accuse subite per una semifinale di Coppa dei Campioni, negli anni ’70, la UEFA, attraverso la commissione disciplinare, decise di aprire un’inchiesta, dalla quale Italo Allodi fu dichiarato estraneo alle accuse.
In effetti, durante tutta la sua carriera, Italo Allodi fu spesso costretto a difendersi da accuse mai confermate dagli organi competenti. Questo, forse, non gli consentì di vivere fino in fondo la soddisfazione di essere stato tra i più grandi dirigenti del calcio italiano. Uno che il pallone sapeva farlo davvero, senza proclami e senza eccessi di sorta.
Su di lui, sono state scritte anche inchieste giornalistiche. Un suo celebre accusatore è stato l’inglese Brian Glanville, noto scrittore di calcio. Al di là dei dubbi e della certezze, se accusatori doveva avere, Italo Allodi li ha avuti pari alle sue dimensioni.
Sebastiano Di Paolo