Domani si vince. Punto. Ho la presunzione degli imbecilli che credono di guidare la fortuna come un cavallo? Non mi interessa. Se stasera anche solo un tifoso non avesse questa presunzione, allora sarebbe un uomo qualunque, non certo un figlio di questa città. Chi tifa non vede la sfumatura e la legge dei colori mescolati, unicamente inquadra la fotografia del suo cuore che muore felice e veglia insonne dopo un trionfo.
Domani si vince. Come potrebbe il Napoli sovvertire il piano “divino” che lo vuole belva che azzanna la lepre sfinita? Certo chi scrive ha dimenticato l’eleganza e lo charme, della ragione che indica la sobrietà dell’analisi se ne frega. In una sera di vigilia il cervello salta, e a danzare e gridare è unicamente il cuore che a tutto crede e nulla rinuncia.
Domani si vince. Punto. Lasciateci coltivare il campo dei fiori di Maggio, eretici dimenticati di una terra derisa ci asserragliamo nell’ostinata speranza che quando è tesa al limite diviene intima certezza. Come sarà possibile un esito differente da quello formulato e riformulato da milioni di cervelli fumanti come geysers? Chi di noi nella roulette impazzita della sua testolina non ha creato come una divinità nuova le scene di esultanza dei suoi beniamini? Quando chiuderò gli occhi stanotte io vedrò, novello visionario, abbracci e maglie azzurre, e diecimila migranti portare l’odore della nostra terra nella città che fu dei dominatori.
Domani si vince. Punto. Non può andare altrimenti, non ci crederei. In questo caso la convinzione non è degli imbecilli, ma di chi infinitamente ama…
Carlo Lettera
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