E’ finalmente il sabato di Lazio-Napoli. Terza contro seconda. Mentre la prima allunga e ne approfitta. Ma era prevedibile. E’ anche il sabato delle feste in maschera prima del martedì grasso di carnevale. Degli scherzi, dei travestimenti e dei “trucchi e parrucchi”. Noi siamo riusciti a non farci mancare niente.
Mi spiego meglio.
Abbiamo cominciato la trasferta con un bel sole, un odore di salsicce e friarielli in auto che ci ha accompagnato fin dentro l’Olimpico e una giusta ansia pre-partita. Perché quella di ieri era una partita importante e lo si è capito subito dalla quantità di sciarpe azzurre viste all’autogrill alla prima, unica e breve sosta per raccogliere altri cinque amici. E lo si è capito subito dalla quantità di auto e transit e minivan fittati che abbiamo incrociato lungo la strada. Ognuno ha organizzato la propria trasferta come ha potuto, voluto e dovuto. L’importante è essere presenti. Fin qui, nessuno scherzo, nessun travestimento. Siamo tifosi azzurri tutti i giorni, in tutte le occasioni e non ci nascondiamo mai dietro nessuna maschera.
Arriviamo ai parcheggi di Tor Vergata alle 17:30 circa. E lì ci rendiamo conto che siamo veramente tanti. Parcheggio quasi pieno, autobus- navetta in attesa che centinaia di tifosi vi salgano su per raggiungere lo stadio, gente mascherata, o forse no, da poliziotti a gogò e controlli minimal. Per la prima volta non mi guardano nel cappello del giubbino, nel cappello di lana, nelle tasche, nelle mutande. Mi controllano biglietto e tessera del tifoso e sorridono nel vedere i panini. L’unica cosa veramente pericolosa che abbiano visto fino a quel momento. Saliamo sul nostro autobus e dopo solo un’ora arriviamo allo stadio, fin dentro il settore ospiti, per poco fin sopra agli spalti. Organizzazione perfetta, steward gentili e aria gelida. Ed è per questo che abbiamo trovato giusto travestirci da pupazzi di neve. Per poi salire sugli spalti e scioglierci piano piano, fino a diventare di nuovo tifosi del Napoli. Sciarpa in bella vista e ugola in fiamme per sostenere gli azzurri. Incontriamo un po’ di amici, i soliti da “fuori casa”, qualcun altro che invece all’Olimpico è di casa, ma solo da emigrante trasferito nella capitale. Riabbracciamo tutti con gioia. Come ad una festa. E piano piano comincia a farsi risentire il freddo, per cui ritornano i pupazzi di neve. Che poi diventeranno stalattiti.
Dopo abbracci e baci e saluti, come potete immaginare, cordiali ed affettuosi, ad Olimpia, notiamo che la festa sta diventando al quanto pittoresca e anche un po’ cafona. L’inno della Lazio risuona nelle casse come il peggior pezzo di Sanremo Giovani, il volo di Olimpia me lo perdo perché ancora scioccata dalla musica che la preannuncia e la formazione laziale sullo schermo, come fatto notare da qualcuno, sembra la sigla della peggior sitcom omosex. Ma forse fa tutto parte di uno scioccante scherzo di carnevale. E non avevo ancora visto la prestazione di De Sanctis.
Nel riscaldamento apprendiamo che Campagnaro si è travestito da Donadel con un biondo che sugli spalti confonde le idee a parecchi. Travestimento riuscito. Solo dopo il goal del pareggio capiamo che sotto quelle mentite spoglie si nasconde uno che sa giocare a calcio.
Il primo tempo è stato degno della miglior “festa da paura”. Noi travestiti da fantasmi che in occasione del goal facciamo le belle statuine. Sugli spalti, invece, ci trasformiamo tutti in camionisti beceri e bestemmiatori. Per poi ricominciare subito a sostenere e a stimolare quelli che in campo sembravano zombie. La Lazio invece truccata benissimo da cani da presa. Non mollavano un centimetro, pressavano inesorabilmente in tutte le zone del campo, mentre i nostri chiedevano al mister spiegazioni su come mettersi in campo. Completamente in bambola. Di quelle gonfiabili che stanno lì ferme per far godere gli altri.
Prendiamo una traversa, ma noi dall’altra parte del mondo lo capiamo solo dopo aver chiamato un amico a casa che comodamente dal divano ha potuto imprecare subito, mentre noi, sognatori, avevamo esultato per il goal. E imprecato in differita, pur vedendola live. Il primo tempo finisce e si spera che il secondo sia meno “Horror Picture Show” e più “Alice nel paese delle meraviglie”. L’intervallo lo passiamo tra un panino, una birra, un pensiero a Behrami uscito in barella, sperando che sia anche quello uno scherzo di pessimo gusto, in linea con l’ “Horror Picture Show” , e un altro pensiero va a De Sanctis che poco prima ci aveva mandato spudoratamente a quel paese. Speriamo quello delle meraviglie di Alice.
In effetti il secondo tempo comincia con un altro piglio. Lorenzino mette vitalità, Cavani continua a fare il minimo indispensabile, Hamsik con l’uscita forzata di Behrami si sacrifica dietro, Cannavaro non è stato avvisato che dovevamo passare dalla festa dark alla fiaba, Marchetti ha reminiscenze infantili e insiste per fare il supereroe. Ma la miglior maschera è sicuramente la sua. Un misto tra lo psicopatico e Mario Merola. Nell’occasione dell’esco/non esco/esco/anzinonesco era invece un misto tra il portiere del subbuteo e il balletto del Teletubbies felice. Nei minuti di recupero, invece, un pazzo con la camicia di forza ai piedi. Quattro rinvii che stavano procurando altrettante occasioni goal…per gli avversari. E a fine partita sembra Amelie che sorride anche alle disgrazie. Viene da noi, applaude, regala la maglia e alza i pugni al cielo come se avesse vinto, ma soprattutto come se lo avessimo fatto grazie a lui.
In effetti il vincitore è senza dubbio lui. Morgan. E la domanda sorge spontanea: non era meglio quando si travestiva da semplice pirata?!