Il 14 maggio del 1995, Vujadin Boskov, in occasione di Brescia – Napoli, schiera titolare un ragazzo diciannovenne che quel giorno, un po’ a sorpresa, indossa la maglia numero 10. Sì, la numero 10 che a Napoli, dopo la venuta del Pibe de oro, sarà sempre destinata a fare una certa impressione, a tal punto che, da alcuni anni, la società di Aurelio De Laurentiis ha deciso di ritirarla.
Quella domenica di maggio, il nome di Diego è ancora fresco e recente nella memoria del tifo partenopeo. Sono passati solo quattro anni dall’addio di Maradona, e Napoli si controlla il battito cardiaco a guardare quella maglia in mezzo al campo.
Quella domenica di maggio, il giovane debuttante si chiama Carmelo Imbriani, beneventano di origine e napoletano di adozione. Un ragazzo semplice, dai modi riservati ed essenziali, perduto nel sogno di disputare da titolare la sua seconda uscita in serie A.
E proprio in quella domenica di maggio, quel mese che per i napoletani rappresenta il mistero misero e immortale degli amori e della mistica metropolitana, Carmelo si avventa con coraggio su una palla proveniente da molto lontano, segnando il suo primo goal nella sua prima da titolare. Il diciannovenne con la numero 10 non crede ai suoi occhi, e non ci crede neanche dopo, quando nell’intervista tentata nel post partita, dribbla con un sorriso stordito la domanda del giornalista.
Imbriani, un nome quasi sconosciuto fino a quel momento, fa rivivere la magia della 10 a una squadra che naviga nei pressi della zona UEFA, e che rincorre il traguardo dopo una lunga rimonta. È il Napoli della società a pezzi, provata da un bilancio che non riesce a trattenere i calciatori migliori. Il Napoli dei prestiti e degli esperimenti di mercato, il Napoli che pur lottando con onore, non garantisce le giuste soddisfazioni ai suoi tifosi. Ma in quella domenica, così lontana nei ricordi, ma così vicina nel patos intimo e trattenuto del tifoso d’altri tempi, Carmelo Imbriani ripesca un tempo che sembra perduto e lo fa vivere sotto gli occhi increduli di una città intera.
Il Napoli non raggiungerà il traguardo UEFA, ma Carmelo, anche all’inizio della stagione successiva, mostrerà i segnali di una speranza, quella di un campano alla guida dell’attacco del nuovo Napoli, ancora una volta una squadra affidata alla cosa più napoletana tra le cose napoletane. La speranza. Ma la debolezza e la mancanza di solidità, affievolisce poco a poco i sogni di gloria di un Napoli che in quella stagione inizia da protagonista e poi si perde nell’anonimato.
E si perde pure il nome di Imbriani, che dal 1996 inizia un lungo girovagare per squadre di tutte le categorie, purtroppo, riuscire a raggiungere la stabilità della quale un calciatore ha bisogno.
Nel 2011, diventa allenatore del Benevento, tornando, così, alle sue origini, e, forse, portando con sé il ricordo di quel goal segnato con la dieci che fu di Dieguito.
La carriera da allenatore, però, dura poco, perché, proprio all’inizio della sua esperienza di coach, deve fare i conti con una tremenda malattia. Linfoma di Hodgkin, è quanto basta per far sì che Carmelo Imbriani, classe ’76, pochi giorno dopo il suo compleanno, a 37 anni, saluti per sempre la numero dieci e il pallone, siglando con la parola fine il suo passaggio nella storia del Napoli e del calcio, ma, soprattutto, dicendo addio a una vita che banalmente chiede agli uomini di non lasciarla così presto. Forse, chissà, sarà sempre stato nel destino di Carmelo Imbriani vivere anzitempo la gioia e il dolore.
http://www.youtube.com/watch?v=uMwe0n-pzYg
Sebastiano Di Paolo