Per favore, qualcuno mi dica che l’han fatto apposta, che l’Europa League non la voleva nessuno. Come la Coppa Italia. Se non è vero, c’è da arrossire di vergogna. Soprattutto perché questo Napoli è sceso in campo dopo la mirabile Notte di Glasgow (mi ha ricordato un romanzo del napoletanissimo Luigi Compagnone) interpretata dalla Juventus con grande classe europea. Brucia, il confronto. Lassù, i bianconeri lucidi e assatanati insieme, secondo spirito di Antonio Conte. Qui, una squadra scombinata e smarrita, ferita dal solito turnover sulla pelle di Hamsik che stavolta, tuttavia, entrato nella ripresa è riuscito a dar forza e idee solo a se stesso.
Spiace per Mazzarri, per molti versi un maestro: l’Europa non gli si addice e anche i volonterosi, fisici e audaci cechi del Viktoria Plzen lo hanno costretto alla poco onorevole resa per tre a zero, un’insolenza mai prima subìta dal Napoli nelle Coppe Uefa. Il disastro s’è palesato fin dalle prime battute, quando s’è vista la squadra azzurra cedere sul piano del ritmo e della volontà mentre gli avversari – reduci da lungo riposo e animati dal confronto con un nobile competitore – hanno apertamente cercato una notte di gloria. Trovandola senza fatica.
Bucaccio di Donadel e El Kaddouri e al 28’ Darida va in gol. T’aspetti una maschia reazione (si dice così). Inutilmente. Con la difesa azzurra pronta a mille distrazioni (e vi raccomando il pennellone Rolando: ai miei tempi si diceva generosamente “rivedibile” per evitare la stroncatura) e il centrocampo disastrato dal turnover con Donadel capace d’imbrocchire anche Dzemaili, questo è il peggior Napoli di sempre.
Lavora come un modesto operaio Cavani (fantastica la sua reazione da puro difensore al 76’, quando viene atterrato e neanche se n’avvede, riparte e cerca di rianimare l’intera squadra ma è proprio lì, al 78’, che Rajtoral, su scandalosa distrazione di Zuniga, realizza il 2-0 che gli era stato negato al 65’) ma quando arriva in zona gol – tre volte nel primo quarto d’ora della ripresa – non ha precisione nè tiro.
Mazzarri si muove, ma sembra fuori giri anche lui: va sul 4-3-3 chiamando Calaiò a fianco di Pandev e Cavani, ma inutilmente, non c’è lucidità nè coodinazione, il Viktoria non è la Lazio che si è lasciata mettere sotto da un turbine offensivo e ha concesso il pari. Un lungo passaggio di Rolando a Calaiò rasenta le comicità, Zuniga sbaglia un’occasione d’oro e l’unico guerriero in servizio, Hamsik, si vede parare un capolavoro dall’audace Kozacik. La schema “viva il parroco” raggiunge il giusto effetto: terzo gol ceco lo firma Tecl, sostituto perfetto che finisce fa cliente davanti a De Sanctis e lo ferisce insieme al popolo del San Paolo umiliato e offeso. Ho guardato Cavani in faccia: aveva l’aria di uno sul punto di sbottare e chiedere licenza d’andarsene. Hamsik no. Hamsik è il Napoli, anche nella sera delle beffe. Se c’è una speranziella, per il ritorno, ha il suo nome.