Come deve esser bello infilare il coltello nel corpo che la battaglia ha reso inguardabile; come ci si deve sentir forte nel ripetere l’affondo del braccio nella carne viva di chi non chiede nemmeno più clemenza.
Io non ci sto! Il Napoli tracolla ed ora in ogni angolo, sotto ogni letto, sopra ogni gru c’è la voce che denigra, che irride, che giudica ogni cosa partendo dall’ultima, violentando la memoria del passato.
Se posso accettare tale modalità del pensiero in un tifoso, mi coglie la nausea quando a (s)ragionare così sono i fieri legionari della carta stampata. Appositamente ieri sera ho navigato nella polvere poco stellata dello spazio informatico. Cosa ho raccolto? Di tutto, soprattutto immondizia e rifiuti fatti passare per fini analisi.
“Il Napoli non è una grande squadra”, “i giocatori sono scarsi”, “Mazzarri ripete gli stessi errori”. Proprio costoro ieri si svegliavano al mattino e dai balconi predicavano la marcia di una squadra magnifica, condotta da un allenatore eccelso. Proprio costoro avevano avanzato l’ipotesi concreta di un Napoli favorito nella lotta scudetto.
Ma il guaio è che questi voltafaccia così repentini costano poco fatica al cervello. E’ facile quando si assiste ad una sconfitta di qualsiasi tipo, sia umana che calcistica, dire ” Si è scarsi, ecco il motivo della vittoria dell’altro”. Più complicato per alcuni intelletti risulta procedere all’analisi dei singoli aspetti, all’indagine della complessità delle cose, ai motivi segreti, spesso così sottili, che si nascondono inafferrabili dietro le larghe e fin troppo visibili spalle della sconfitta.
Ma la nostra età ha smarrito il piacere di mettere alla prova l’intelligenza. Risucchiati nel perenne presente dei media che hanno sventrato la dimensione diacronica delle esperienze, è facile emettere un giudizio contemplando solo la scena finale, il dato che resta impresso. Solo che un buon giornalista dovrebbe partire da quel dato per arrivare, o meglio, cercare di arrivare a regalarci un quadro più sfumato e arricchito della cosa accaduta.
Ma non è così, figli della loro epoca, ne sono diventati seguaci e apostoli prediletti. Io non ci sto! Dietro una sconfitta non ci si nasconde con le sentenze, nè tantomeno azzardando un’inversione di marcia. Soprattutto se il guidatore si dimostra poco affidabile.
A tutto questo IO NON CI STO!
Carlo Lettera
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