Napoli-Genoa. Ottavo di finale della Viareggio Cup. Campo di Monterotondo Marittimo, che di marittimo ha solo il nome e la speranza di esserlo. Provincia di Grosseto. L’infinità del viaggio tra andata e ritorno, ma l’importanza di esserci stati. Finita con una sconfitta arrivata ai rigori. Per la precisione, undici calci di rigore. Per parte. Non credo di aver mai visto 11 calci di rigore per parte. Uno pensa che nei calci di rigore, ammesso che il rigorista non sbagli del tutto, il destino vero sia nelle mani del portiere. In questa partita, il destino è stato nei piedi del portiere. Un portiere che durante l’intera partita le mani non le ha utilizzate quasi per niente. E che durante tutto il torneo le ha utilizzate benissimo. Porta inviolata. Fino a questa partita.
I nostri ragazzi, invece hanno violato quella degli altri molte e molte volte in questo torneo. E hanno cercato di violare anche la porta del Genoa più volte, con un solo centro nei 90 minuti. Un Genoa molto fisico, una squadra fatta da ragazzi OGM. I nostri più “vera primavera”, ma più tecnici, più uniti, onestamente più belli da vedere.
Arriva prima il nostro goal, quello di Fornito: un bel sinistro potente da trenta metri. Poi arriva il loro: un colpo di testa di chi è stato colpevolmente lasciato solo davanti a Crispino sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Una bella differenza tra i due goal, che però non cambia la sostanza.
I tempi supplementari in questo torneo non esistono e allora via alla roulette toscana dei maledetti rigori. I ragazzi sono carichi, ma anche nervosi. Chi non lo sarebbe?! Abbiamo visto grandi campioni sbagliare dal dischetto, e alcuni anche in maniera clamorosa. E allora li vediamo avvicinarsi uno ad uno verso la porta, li osserviamo mentre raccolgono il pallone, li incitiamo mentre fissano il portiere concentrati, gridiamo a Crispino di ipnotizzare l’avversario, speriamo con tutte le nostre forze che basti l’incitazione ad ipnotizzarlo sul serio. Certo vogliamo che vincano, ma lo facciamo anche perché non vorremmo mai vederli disperati per aver sbagliato il rigore decisivo. Non i nostri ragazzi. Non quelli che abbiamo imparato ad apprezzare goal su goal, minuto dopo minuto, parata dopo parata.
E invece il destino ha voluto farli tornare sotto il Vesuvio oggi, decisamente prima del tempo. Ma hanno resistito fino alla fine,
Vederli lasciare il campo in lacrime è stato un dispiacere per tutti, primo su tutti il loro mister. Che quando alleni ragazzi di quest’età, sei “IL MISTER”, quasi un educatore, per alcuni magari un fratello maggiore. In tutti i casi un punto di riferimento. Ecco perché subito dopo la gara continuava a scuotere la testa pensando che “non era possibile”. Pensando sicuramente di non meritarlo.
Diceva qualcuno: “ Non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”.
Quindi, ragazzi, nessuna recriminazione. Non c’è tempo. Sabato torna il campionato con una Lazio agguerrita, pure eliminata dal torneo. E noi saremo di nuovo lì a dire ai ragazzi che quel rigore sbagliato in più è solo un piccolissimo, impercettibile e già dimenticato particolare.