Il piccolo Gennaro lo ha aspettato fino alle 16, poi se n’è andato mesto col pallone tra le mani. Lo voleva far autografare al suo idolo del calcio, Diego Armando Maradona, la cui visita a Scampia, seppur solo di passaggio in auto, prevista per il pomeriggio di ieri, è saltata. Eppure Gennaro, 7 anni, non ha mai conosciuto le prodezze in campo del Pibe de oro, ma «l’ho visto in televisione fare i palleggi come se la palla non si staccasse dal piede», racconta attorniato da un gruppo di amici.
Una dozzina di ragazzini tra i 5 e i 16 anni, scesi subito in strada incuriositi dal capannello di fotografi lungo lo spartitraffico in via Galimberti, posto strategico per meglio immortalare il calciatore in arrivo da Roma a bordo di un Audi. Nessuna notizia ufficiale o comitato di accoglienza: è stato il passaparola, nel giro di pochi minuti, a far riempire il marciapiede di fronte la Vela celeste, proprio a ridosso della Torre Verde, in quella salita che spiana l’orizzonte alle quattro Vele rimaste in piedi. «Credevamo ci fosse qualche arresto o blitz – spiega Maria, una mamma -. Abitiamo nel parco Senna, abbiamo visto dai balconi le cineprese e siamo corsi a vedere cos’era successo. Qui ormai ci siamo fatti la nomina per i fatti brutti. Forse per questo Maradona non è venuto più». All’ultimo minuto Maradona ha dovuto rinunciare alla tappa di Scampia perché, accerchiato dai tifosi sulla Tangenziale di Napoli, il suo staff ha preferito uscire direttamente a Fuorigrotta per raggiungere l’Hotel Royal e non più a Capodichino. Era atteso in piazza Giovanni Paolo II e nelle Vele, in una sorta di blitz toccata e fuga, e invece il campione argentino ha dato forfait. Ma a Scampia in pochi sapevano della sua venuta.
È stato Kevin, 9 anni, il primo a precipitarsi in strada, con addosso la maglia numero 10 dell’Italia, insieme ad i compagni Raffaele, Vittorio, Mariano, Francesco e Antonio. Alla fine nei loro occhi la delusione dopo aver appreso la notizia che il calciatore non sarebbe più venuto a Scampia, municipalità dove il suo legale, Angelo Pisani, è il presidente. «Se fosse venuto qui, gli avrei chiesto se Cavani può diventare davvero il suo erede – confessa Marco, 13 anni -. Cavani è forte, noi a Napoli già gli vogliamo bene, ma dobbiamo chiedere il permesso a Maradona». Una sorta di riverenza che spiega quell’appellativo di «manos de Dios» che ha già reso immortale Maradona. «Ho i brividi al solo pensiero che il grande Diego è in città. Ho impresso nella memoria quando scavalcavo la recinzione per andarlo a vedere allenarsi allo stadio, quante tirate d’orecchie per quelle incursioni da scugnizzo – ricorda Pasquale, 47 anni -. Ora lo vogliamo sindaco di Napoli, deve tornare. Solo uno che conosce le sofferenze della strada, può capire quartieri come Scampia e riuscirebbe a governare questa città”. Le parole di Pasquale provocano l’entusiasmo dei ragazzini che cominciano a saltare all’unisono come in una curva di ultrà allo stadio “Torna Diego, torna campione”.
In un quartiere dove alta è stata la percentuale di astensionismo nell’ultima tornata elettorale, Maradona carica gli animi. «Diego capisce la realtà del popolo meglio di tanti nostri politicanti – sottolinea Anna, la mamma di Gennaro -. Io comunque sapevo che Maradona qui nemmeno ci passava». Anna è la nipote di quella che chiamano «mamma Lucia», la governante di Diego nel suo soggiorno napoletano. «Ho chiamato poco fa mia zia che abita nella Masseria Cardone, a Secondigliano, e non sapeva di questa visita – aggiunge -. Se passava di qui, di sicuro Diego la andava a trovare».
Fonte: Il Mattino