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È  una partita come un’altra. Un giorno come un altro. Si va a lavoro, si pranza, ci si mette la felpa e la maglia del gruppo e si va allo stadio appena 5 ore prima dell’inizio della partita mentre SKY manda in onda immagini amarcord, pensieri di tifosi più illustri di me e mille ore di live pre-partita.

È  proprio una partita come un’altra.

La solita tensione, i soliti gesti scaramantici, i soliti commenti sul fatto che c’è chi non ha dormito la sera prima, gli amici che solitamente vengono da posti lontani per vederla al San Paolo: Inghilterra, Verona, Aosta, Bra, Milano. Il solito prezzo del biglietto, il solito incasso per il Presidente, il solito suo giro di campo per ringraziare uno ad uno i tifosi o, come maligna qualcuno, per contarseli bene e tradurli in moneta sonante. O, ancora più malignamente, per scorgere qualche non pagante e andare subito a riscuotere cassa. Perché c’erano anche i soliti non paganti, gli intrufolati, le curve inferiori che salgono su, quelli sulle scale, i venditori abusivi di Borghetti, forse gli stessi che ci fanno lasciare fuori perché corpi contundenti che magicamente dentro diventano semplici contenitori di liquori al caffè. Insomma, solita ipocrisia dei controlli. Controlli che però sono stati insolitamente gentili, sorridenti e limitati. La steward mi riconosce e mi dice: “Ciao bella!”, tradendo evidenti problemi di vista, mi dà uno sguardo veloce nello zaino che già avevo aperto e mi tasta il cappuccio della felpa senza indugiare. Ormai ha capito che le bombe a mano le faccio entrare lo stesso. La poliziotta all’ingresso fa l’errore di dirci: “Dai, stasera, come va’, va’!”. Ha seriamente rischiato. Se n’è resa conto e ha taciuto.

I soliti amici di sempre nelle file davanti, nei sediolini sulla destra, sulla sinistra, dietro. A parte un bambino bianconero, una polpetta di una decina di anni, che il padre non ha avuto la forza di sopprimere alla nascita. Sul goal che Britos ha fatto fare a Chiellini pare abbia pure esultato. Me l’hanno riferito perché io ero intenta a bestemmiare. Sul nostro goal, invece, immagino che sia volato dagli spalti e finito chissà dove. Perché, in effetti, c’è stata anche la solita esultanza. Gente che c’è ritrovata dieci file più avanti, io personalmente ho rotto un anello e perso un’unghia, qualcun altro ha perso le corde vocali e altri ancora si sono persi sotto un mucchio di amici urlanti e abbraccianti. C’è anche chi, invece, probabilmente, perderà tutte le prossime partite per il DASPO che prenderà dopo aver acceso un fumogeno azzurro. Insomma. Solite scene di delirio per un goal come un altro.


Anche i soliti impropri diretti all’arbitro, i soliti messaggi ad un amico che è a lavoro e non può vederla, salvo ricevere un  messaggio in cui bestemmia facendo capire che invece la sta guardando, eccome! Ci riferisce che la gomitata di Cavani c’è stata, ma anche una bella tirata di capelli da parte di Chiellini. Evidentemente in odore di trasloco in qualche basso dei Quartieri, comincia a fare le prove di “strascino”. Soliti parapiglia tra un grande difensore e un campione. Solito scambio di maglia a fine partita tra i due, da qualcuno non apprezzato. Pensando, forse, che quel gesto abbia fatto perdere a Cavani almeno 10 milioni sulla clausola.

Insomma, è una partita come un’altra.

Solito Insigne impiegato poco e male, solito goal preso di testa saltando in ritardo e marcando di sedere uno come Chiellini, solito Chiellini che ci segna, solito Maggio lento e che non s’inserisce più, solito gigante Marek, solito immenso Behrami, solito addormentato Inler che però si salva per il goal, per fortuna deviato. Solite diecimila azioni di possibili goal andati in fumo, soliti paragoni tra Giovinco e la bandierina del calcio d’angolo. Era dall’ultima apparizione pubblica di Mister B. che non sentivo gridare così tanto la frase: “Nano di niente!”.

Solito incontro con Behrami in pizzeria dopo la partita con i complimenti per la solita grande prestazione.

Solite auto ammaccate al passaggio dei tifosi ospiti, solite uova lanciate sul pullman della squadra avversaria, soliti cartelli di solite città nel settore ospiti: Torre del Greco, Ischia, Cercola. La sera prima avevano gridato, accogliendo la Juve in albergo, “Odio Napoli!” e “Noi non siamo napoletani”. Beh, questo è sicuro. E mentre loro erano impegnati con i loro cartelli “Torre del Greco, Cercola e Ischia” a farci sapere che non erano napoletani, noi abbiamo riportato il gigante buono, il Vesuvio, dalla parte giusta. Dalla parte del cuore, dell’amore per questa terra e della passione per l’azzurro che la circonda. E allora onorata di aver fatto parte della solita coreografia spettacolare e che avrà fatto venire i brividi anche al settore ospiti, ne sono quasi sicura!

 

 

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Scritto da
redazione