Il calcio è strano, c’era una squadra che si stava scavando la fossa e invece è zompata in piedi di colpo, per un colpo di uno dei peggiori dei suoi:
sul finire del primo tempo e forse del campionato, Inler ha catapultato un destro disperato che, lievemente deviato Bonucci, è decollato al di fuori di ogni possibile contraerea. A quel punto tutto quello che era successo prima, con la Juve in strameritato e stretto vantaggio grazie a Chiellini, non ha avuto più senso e la partitissima è scivolata verso un pareggio che non cambia nulla.
La serie A è un intatto regno bianconero. Il Napoli è durato il tempo di una promessa: dopo 11 secondi, un’azione Maggio-Pandev-Hamsik ha seminato illusione, spente poi dal tempo e soprattutto dalla Juve, che ha cominciato a dare una disarmante sensazione di superiorità. Ma il calcio è strano, strano proprio: i bianconeri hanno scialato i loro tre quarti d’ora di dominio basato sul contropiede, poi hanno giocato — o sono stati costretti a giocare — una ripresa di occupazione, sostituendo il dominio del gioco con quello del terreno, che non è la stessa cosa.
Difatti, pur difendendosi come una provinciale alle corde, il Napoli ha finito per tormentate Buffon più volte fino a rendere giusto questo 1-1 sul quale grava la gazzarra che ha preceduto l’intervallo: prima Chiellini ha tirato i capelli a Cavani, poi Cavani ha stampato una gomitata in faccia a Chiellini (vista dall’assistente De Marco), la via d’uscita imboccata da Orsato (un giallo per l’uruguayano) non è sembrata all’altezza della situazione. La soglia minima di giustizia avrebbe comportato l’espulsione di Cavani e qualcosa di simile per Chiellini. Difficile dire se la partita sia rimasta condizionata da questo: il Matador niente ha fatto se non sgomitare e ha rappresentato il vero limite del Napoli. Pare assurdo, ma è andata così.
La partita non ha avuto filo logico, è sembrata improvvisata. Ciò che ha tenuto tutto assieme è stata la superiorità della Juventus, indiscutibile: lo sarebbe stata anche se il Napoli avesse vinto, e avrebbe potuto farlo con quella strana ripresa di catenaccio e ripartenze durante la quale Buffon ha dovuto esibirsi due volte su Hamsik, altrettante su Inler e uno su Maggio, per non dire del tap in che Dzemaili ha fallito da due passi (28’ st).
Però nel primo tempo, difendendosi con ordine e quasi spazzato via il Napoli dalla scia e chiuso il campionato con due mesi d’anticipo. Il suo dominio non ha saputo convertirlo in contanti. Mentre il Napoli s’agitava nel pressing ma gestiva il pallone con assenza di lucidità, la Juve arrivava in area con tre passaggi. I primi in classifica non hanno avuto l’istinto del killer. C’è stato un errore sesquipedale di Vucinic, liberato a cinque metri dalla porta da un sontuoso Vidal (18’), che ha trovato il modo di farsi deviare da De Sanctis la sua pantofolata: rimarrà il momento che ha negato la vittoria alla Juve. Il pareggio di Inler è stato fuori contesto, ma ha aperto un’altra storia.
Dopo l’intervallo il Napoli è passato al 4-3- 3, soluzione di emergenza difensiva, non di audacia disperata. La ripresa è stata fiacca. La Juve non ha affondato i denti, s’è accontentata di guardare l’avversario dall’alto in basso ma senza lasciarlo per strada, come se volesse tenere vivo l’interesse sul campionato. Le parate di Buffon hanno evitato una beffa suicida. Da oggi sappiamo perché la Juve ha sei punti più del Napoli, e anche che i bianconeri non si sono ancora resi conto di poter diventare assai meglio di quello che sono.
Fonte: la Repubblica