C’erano una volta a Napoli i tre tenori: Lavezzi, Hamsik e Cavani, che portarono gli azzurri al terzo posto e a ritornare dopo ventun anni a giocare in Champions League. Un traguardo bellissimo, raggiunto a suon di risultati, gol, gare spettacolari e al cardiopalma, vinte spesso tra l’85’ e il 95′, tanto che i giornali ribattezzarono quei 10 minuti finali “Zona Napoli”, apostrofando la vecchia e cara “Zona Cesarini”.
Giunti in Champions League però tre tenori erano pochi, per affrontare le più grandi corazzate europee come Manchester City e Bayern Monaco potevano non bastare, e l’amico del presidente De Laurentiis, Massimo Moratti, decise di prestare al Napoli Goran Pandev, che non rientrava più nei piani nerazzurri.
Notti europee magiche, sino alla disfatta londinese, ma soprattutto una cavalcata inesorabile in Coppa Italia, sino alla finale del 20 maggio allo Stadio Olimpico di Roma, dove proprio due dei quattro emisero il loro canto più dolce, sigillando con un netto 2 – 0 il risultato, sconfiggendo l’avversario di sempre la Juventus. In gol quella notte Hamsik e Cavani, ma Lavezzi anche ci mise tanto del suo, prima di dare un lungo addio al suo popolo con un infinito e dolcissimo pianto sotto la curva.
Lavezzi dunque se ne va, ma il tenore di rimpiazzo, soprattutto nei cuori azzurri arriva subito: Lorenzo Insigne, talento, classe e soprattutto un sangue partenopeo puro che gli scorre nelle vene e la maglia azzurra cucita sulla pelle. “Il Napoli con i suoi 4 tenori è da scudetto” grida il popolo azzurro, supportato dai giornali. L’inizio della stagione lo fa credere e pensare, quei 4 tutti insieme e a turno fanno faville e nessuna difesa sembra in grado di fermarli. Poi però è arrivato l’inverno e qualcosa si è rotto, si è inceppato. Forse la pressione di un’ambiente e di una tifoseria incredibile, ma non sempre facile da sopportare; forse la pressione dei giornali e della stampa, che quando diventi grande ti seguono passo passo sempre pronti a mettere in risalto più l’errore che la prodezza; forse un Mazzarri che da mentore di tutto questo tentenna e non sa cosa farà l’anno prossimo; forse la semplice stanchezza. Fatto sta che i 4 tenori non cantano più e senza di loro Napoli non ride, la giostra non gira più.
Lorenzo Insigne – il piccolo principe azzurro, erede designato di Ezequiel Lavezzi, almeno dal punto di vista affettivo, è arrivato dopo due anni di Scuola Zemaniana, alla quale è stato promosso con il massimo dei voti – 19 reti in serie C con il Foggia e poi 18 con il Pescara in serie B con annessa promozione in serie A – era partito bene, anzi benissimo, per essere un ragazzino tra grandi campioni in una squadra di vertice. Tre reti nella prima metà di campionato, non male per un esordiente ventenne in serie A che partiva spesso dalla panchina, uno dei tre sigilli addirittura contro il Milan, roba da grandi campioni, poi nel girone di ritorno il 13 gennaio già segna contro il Palermo, la seconda parte di campionato lo vedrà protagonista ancor di più si pensa. Invece Lorenzo si è bloccato lì, a due mesi di distanza da quel gol rimasta la sua ultima esecuzione.
Goran Pandev – Un vero Top Player, che non ha bisogno ne di presentazioni, ne di esplodere a Napoli come Hamsik, Lavezzi e Cavani. Li quando arriva è già un grande campione affermato, una garanzia. Capace di andare tre volte in doppia cifra nella classifica dei marcatori in serie A con la maglia della Lazio e di vincere da protagonista il Triplete con l‘Inter di Mourinho. Un attaccante moderrno, capaci di fare sia la prima che la seconda punta e dotato di molta tecnica è venuto a Napoli per ritrovarsi e a dare una mano. Il primo anno come vice Lavezzi se l’è cavata bene, la forma fisica era approssimativa ma lo si sapeva, questa doveva essere la stagione di consacrazione in azzurro da titolare al fianco del matador. Il macedone aumenta addirittura le aspettative su di se in estate, facendo un precampionato da fuoriclasse e segnando alla prima gara ufficiale in Supercoppa. Poi piano piano però l’entusiasmo si spegne e il Top Player entra in un tunnel da quale non riesce ad uscire, causa anche un pò la sfortuna e qualche infortunio di troppo. Sono addirittura 21 le gare del macedone senza gol, nel mondo ci sono campionati che durano anche un pò di meno, cinque mesi senza gol e un 2013 ancora in bianco. Oltre a ciò prestazioni altalenanti e di certo poco significative, per un digiuno davvero estremo.
Marek Hamsik – Tanto amato quanto a volte criticato dai suoi stessi tifosi, Marekiaro ormai lo conosciamo, è un giocatore così, che a Napoli è esploso ma sembra comunque arrivato al suo apice e non poter diventare nulla di più, considerando che è comunque un grande campione. E’ giunto alla sua sesta stagione in azzurro, e ormai sono sei anni che ricalca più o meno tutti gli anni gli stessi passi. Parte in sesta, da vero bomber, fulminando gli avversari in ogni modo e da ogni posizione – inserimenti perfetti, conclusioni dalla lunga distanza, colpi di testa – sino all’arrivo dell’inverno quando poi Marek va in letargo. Il suo primo anno il azzurro, il 2008, lo vide subire la prima crisi da freddo invernale, con un digiuno lungo un paio di mesi, prima di ritrovarsi in primavera con tre reti nelle ultime giornate. Il 2009 vide un digiuno lungo tutta la seconda parte di stagione, da febbraio sino a fine anno Marek non segnò più. Tre reti nel finale di stagione, dopo un inverno rigido di prestazioni anche nel 2010 e nel 2011, idem lo scorso anno con inverno a secco e due reti nel finale. Insomma Hamsik pur essendo Slovacco, non certo una terra calda, si è abituato al clima Mediterraneo tanto da non sopportare l’inverno, è un uomo che esce allo scoperto a fine estate e in primavera, speriamo dunque che a Napoli arrivi presto.
Edinson Cavani – L’extraterrestre. Questo il soprannome e i titoli di giornale a lui dedicati da qualunque testata giornalistica sportiva e non solo, nella prima parte di questa stagione, la terza in azzurro. Ventisette reti da Pechino a Parma in 27 gare ufficiali, triplette e addirittura una quaterna spettacolare contro il Dnipro, tanto da far apparire la doppietta al Pescara come una cosa semplice per uno come lui. Poi però anche Edi è ritornato umano, forse troppo, come a Napoli non lo avevano mai visto, come quello giovane e un pò acerbo di Palermo. Dopo l’exploit di inizio anno, che lo vede ancora in testa alla classifica dei marcatori di serie A, El Matador si è fermato a Parma più di un mese fa, e tra le quattro gare di campionato e le due di Europa League ha collezionato 762′ minuti totali senza gol, una vita per uno che in due anni e mezzo ne aveva fatti 93. All’astinenza si è aggiunto anche l’errore dal dischetto domenica scorsa, non il primo comunque da quando è a Napoli e che forse dimostra che i calci di rigore non sono proprio il pezzo forte del suo repertorio. Cavani è ritornato umano e forse ci sta, infondo era impossibile continuare su quei numeri e lo si sapeva, e inoltre va ricordato che Edi non si ferma da quasi tre anni, visti gli impegni continui e numerosi del Napoli e i trofei internazionali disputati con l’Uruguay. Infondo anche gli extraterrestri hanno bisogno di tirare il fiato ogni tanto.
Fonte: Il Corriere dello Sport