Semplicemente una questione di cuore

Nella settimana prima della partita sono state scritte tante storie, fatte girare tante dicerìe e ricordato aneddoti del passato. Qualcun aveva riportato alla luce il Napoli di Simoni, secondo fino ad un certo punto e in discesa libera dopo che si seppe che l’allenatore guardava altrove. Guarda caso all’Inter. Qualcun altro aveva ricordato i fischi dell’anno scorso proprio contro l’Atalanta. E poi Cavani che c’ha l’amante e la moglie non gli fa vedere il figlio. E ancora Mazzarri è già all’Inter con il suo pupillo Campagnaro. E De Sanctis è permaloso e non gioca bene per questo. E Zuniga è stato scritturato per una compagnia di ballo. Ah no, questa l’ho sentita oggi n curva. Scusate, è un po’ l’ansia di raccontare per bene tutto.

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Insomma, storielle/gossip/notizie vere/notizie false/maldicenze/bendicenze che non stavano facendo bene, né al Napoli e nè a noi tifosi. E allora ci viene anche un po’ di ansia da prestazione.

Quindi, andiamo allo stadio con ancora i segni evidenti della brutta figura di Verona. Pensiamo timidamente che questa volta ci servono assolutamente i tre punti, ma poi ci ricordiamo che è da un mese e mezzo che lo diciamo e allora forse è il caso di non dirlo più. Teniamo lontana dallo stadio un’amica che quando viene porta per lo più pareggi. Accogliamo un amico che da Torino è venuto solo per partite importantissime come il Pescara, ma in tutti i casi ha sempre portato la vittoria. Abbiamo preparato sempre lo stesso panino, parcheggiato sempre ai soliti campetti, entrati sempre dal solito gate, fatto perquisire tutto il perquisibile e oltre, entrato sempre dal solito tornello. Noi, le nostre precauzioni le abbiamo prese tutte. Un solo errore potrebbe provocare forti stati d’ansia.

Il pre-partita stavolta è breve. Siamo arrivati poco più di un’ora prima della partita e per questo eravamo, chiaramente, con l’ansia a mille. Non siamo abituati. Avevamo aspettato  tre amici folli che sono arrivati stamattina in aereo da Torino e che ripartiranno subito dopo la partita. Poi dicono che questo non si possa chiamare amore. Ma pare siano stati ben ripagati: nel tragitto tra il parcheggio e lo stadio si fa una sosta in salumeria per preparare tre panini. Quella che doveva essere un tocco e fuga, si è rivelata una scenetta da “benvenuti al sud” con tanto di casatiello, mozzarelle e buon vino offerti  da chi voleva far sentire ad emigranti e figli di emigranti tutta l’ospitalità del caso. Noi li abbiamo lasciati lì sapendo di affidarli ad ottime mani. A noi invece saliva  l’ansia di raggiungere chi ci stava tenendo i posti tutti vicini.

Alle 14:55 vediamo arrivare anche i due faticatori. Quelli che “com’è bello sostenerti la domenica alle tre” non la cantano volentieri. Noi avevamo l’ansia di tener loro il posto fino alla fine, loro quella di arrivare prima del fischio d’inizio. In realtà uno dei due mi sembrava, invece, fin troppo calmo. Come se della partita non gliene importasse granché. Ma alla domanda specifica, inveisce contro gli juventini e contro amici juventini che rispondono ai suoi deliri. Capiamo che è tutta ansia repressa. E allora farebbe bene a sfogare.

L’occasione per sfogare ce l’ha subito. Quarto minuto su rigore trasformato da Cavani. Che visti gli ultimi esiti, il San Paolo era un grande incubatore di ansia esploso quando abbiamo visto il Matador esultare. Finalmente. Per fortuna. Poi tante occasioni per noi. Zuniga che  fa finte su finte su finte e poi fa finta di fare la finta. Il giocatore più ansiogeno del campionato. Poi una traversa su punizione per loro. Poi c’è stato il pareggio. Dalla curva  non abbiamo capito nulla, da casa ci dicono un autorete fortunosa del capitano, dagli spalti solo tante bestemmie ansiogene. Poi un secondo goal, il nostro, bellissimo, di un Cavani ritrovato. E con il goal esce anche il sole. Poi c’è stato il pareggio. Il loro, con un Denis che non esulta. Che poi una volta che segni goditelo ed esulta, no? Il rispetto vero sarebbe non segnare proprio!! Dalla curva B  stavolta lo vediamo fin troppo bene, da casa tacciono, tanto non c’è niente da dire e dagli spalti tante bestemmie sempre più ansiogene. Poi c’è stato il terzo, il nostro, di un Pandev impazzito che fa segno di no. Eh no, tesoro, hai segnato eccome! E ne fai talmente pochi che goditelo un po’ pure tu! Finalmente le nostre bestemmie adesso sono liberatorie. C’è ancora qualche minuto da giocare. Qualche dirigente e allenatore da espellere, qualche punizione ancora da battere, qualche cuore infartuato da defibrillare.

Ecco. Come dire?! Non una partita tranquilla. Anzi una sofferenza. Una faticaccia. Un sussulto e spavento e sbalzi d’umore uno dietro l’altro. Uno spanteco vero e proprio. 

Insomma, non si può dire che tifare Napoli non sia semplicemente una questione di cuore.

 

 

 

 

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