Domenica senza Campionato di Serie A, laica per i “profani” o meglio, per gli adepti di un credo religioso assai peculiare e complesso: il calcio.
E’ la prima domenica di una primavera assai attesa, soprattutto dai tifosi partenopei, non solo per poter beneficiare di un clima più mite, poiché il loro auspicio è che sia primavera anche per il Napoli e che la squadra germogli insieme ai fiori di pesco, ritrovando un nuovo brio e maggiore brillantezza.
Una domenica qualunque, ma non una domenica come le altre.
Perché oggi l’ansia del pre-partita, l’attesa e le emozioni che culminano con l’ingresso delle squadre in campo, non si sono fuse con i peculiari sapori della domenica.
Non ci è toccato sparecchiare di fretta la tavola per lasciare posto ed attenzione alle partite, al Napoli, al nostro Napoli.
E non adempiere a questo sacro rituale che da comprovato tempo si ripete, significa svilire e depauperare della sua accezione naturale l’essenza della domenica stessa, perché, senza calcio, diventa un giorno qualunque, in cui la cadenza delle ore è scandita dall’ozio e contornata dalla noia e, inevitabilmente, il pensiero vola verso quella maglia.
Indispensabile, quindi, che il calcio giocato si conceda un turno di stop per consentire al calcio parlato di scendere in campo.
Gli amanti del “calcio spazzatura” hanno scelto di colmare il vuoto lasciato dall’assenza di impegni di Campionato intrattenendo chiacchiere frivole e degne dei più mediocri e gretti rotocalchi di gossip e delle più stolte e bigotte impiccione.
I cultori del “calcio old style“, figli dell’era delle partite seguite con la radiolina incollata all’orecchio, divenuti poi supporter delle pay-tv, quelli che di acqua sotto ai ponti ne hanno vista passare a fiumi, ma, ciò nonostante, sono rimasti lì, in attesa che l’inondazione si arginasse per lasciare posto al ripristino della normalità, loro no, non aderiscono al “Festival dello scempio” e scelgono di colmare la crepa originatasi nella loro domenica, dall’assenza del Napoli, in qualsiasi altro modo, utile a conferire un genuino omaggio a quella maglia, a quell’amore, valevole, ancor di più, ad iniettare il doveroso tributo alla sacralità della domenica e, di conseguenza, all’altro, seppur più profano, rituale religioso che imprime un valore e un sapore peculiari ed indissolubili a questo giorno della settimana.
Oggi più che mai, riecheggiano ancora e di continuo, nella testa di noi tutti, le parole di capitan Cannavaro che con il suo: “Yes we can” ha riacceso, nel cuore dei tifosi azzurri, in maniera più o meno labile, la fiammella di un sogno colorato di rosso, bianco e verde.
L’imperativo è crederci finché la matematica legittima sogni ed aspettative, ma ancor più doveroso risulta essere lottare per vincere, sempre, da qui alla fine, per tenersi aggrappati veementemente, con le unghie e con i denti, al secondo posto e tenere alla larga lo spettro del diavolo rossonero che, accovacciato alle spalle del Napoli, brama il sorpasso e con esso desideri di rivalsa e riscatto.
Per scoprire che primavera sarà e se la primavera è giunta anche per il Napoli, non ci resta che attendere il sabato santo, sabato di “passione“, giorno in cui sacro e profano sono destinati a fondersi e susseguirsi, poiché, finalmente, il calvario del popolo azzurro potrà dissolversi al momento del fischio d’inizio con l’auspicio che “il Toro” sarà l’agnello sacrificale da immolare per allietare la Pasqua in casa Napoli.
Luciana Esposito
Riproduzione Riservata
Articolo modificato 24 Mar 2013 - 15:05