«In curva non si vede niente e io penso a un nuovo impianto con ristoranti ai lati e delle nuove tribune laterali». Aurelio De Laurentiis ha le sue ragioni nell’illustrare il disegno dello stadio del futuro che ha in mente. Ma la ragione spesso sbatte contro il sentimento dei tifosi.
Sorride Nino D’Angelo, l’ex ragazzo della Curva B: «Questo Napoli sta facendo davvero un grande campionato, credo anche grazie alla passione dei tifosi delle due curve: sono i settori dello stadio dove la partita si sente di più, dove si avverte l’anima della città. E poi è un posto popolare, dove i biglietti non costano cari. Sinceramente, non condivido molto l’idea del presidente azzurro».
Claudio Botti, avvocato, fondatore del comitato Te Diegum, è un tifoso eccellente: «Io sono un romantico, il presidente è un uomo di business. Lui ha ragione nella sua visione razionale del mondo del calcio… Noi da tifosi la vediamo diversamente: la curva è il cuore del tifo, l’anima della passione della gente. Poi è il primo posto dove si va a vedere la partita da bambini». Per molti è un luogo frequentato solo da ultrà violenti e pericolosi. «Ma non è così, e tutti lo sanno bene che anche nei distinti o nelle tribune si nasconde il facinoroso o quello che può lanciare dagli spalti la bottiglietta. Si vede poco la partita, è vero, poi c’è bisogno di rivedere le azioni alla tv per capire come è andato: ma per me resta il posto più bello dove andare allo stadio».
A ottobre del 2007, venne chiusa la curva del Meazza proprio per gli striscioni contro i tifosi del Napoli e cori contro Napoli e i napoletani. Gli ultras nerazzurri, due domeniche dopo, andarono a sedersi in tribuna centrale. E gli insulti li lanciarono da lì. Il San Paolo senza curve: è successo alla fine degli anni ’90, durante i lavori di adeguamento dello stadio in vista dei mondiali di calcio. Atmosfera cupa, in quella gare. «Io adoro le curve, la gente che li frequenta. Non a caso sono i settori dello stadio che per primi si riempiono. E dove si ammirano le coreografie più belle: quella della curva B contro la Juventus, per esempio, è una delle più belle degli ultimi anni», racconta l’attrice e showgirl Benedetta Valanzano. Il riferimento è al Vesuvio e alla simulazione di una eruzione in risposta ai ripetuti cori anti-Napoli dei tifosi bianconeri.
In effetti, quando il tifo delle curve non sfocia in altro, è l’unico italiano che esiste ancora e che gli altri ci guardano forse un po’ invidiosi. Almeno fino a quando non arriva il fischio d’inizio. Gianni Simioli, comunicatore, conduce tutti i giorni su Radio Marte il programma la Radiazza, è stupito: «Ma come si fa? È come togliere le sorpresine delle uova pasquale: sono buone lo stesso, ma non c’è più sfizio. In quel settore dello stadio si sente davvero la parte più viscerale del tifo: le curve del Napoli sono un posto eccezionale, guardare da lì le partite è una esperienza unica. No, faccio fatica ad immaginare uno stadio senza curve: ovvio, sarei contento di non vedere più certi ”curvanti”, ovvero gente che va allo stadio per insultare. Ma quella è anche negli altri settori». Svela. «Mia nipote a 19 anni, qualche volta la invito a vedere la gara in una tribuna… lei mi fa? Ma sei pazzo, vieni tu con me. E alla fine mi diverto molto di più lì in curva».
Le coreografie napoletane nascono direttamente dall’inventiva dei ragazzi che hanno frequentato le curve nel corso degli anni. Alberto Feola è uno dei fondatori di Ultramici, gruppo di fedelissimi tifosi del Napoli: «Dal lato affettivo mi sembra innaturale, dal lato commerciale lo potrei anche capire. Ma secondo me il vero rischio è che allontanerebbero lo spirito “verace” del tifo azzurro. Le parole del presidente sono chiare ma a Napoli difficilmente realizzabili. Comunque non siamo a favore delle curve…anzi se fosse possibile ne vorremmo quattro».
Fonte: Il Mattino