1949. 4 maggio 1949. Una data che a Torino si ricorda bene, che tu sia del Toro o della Juve. Una data in cui una parte di Torino piangeva la sua squadra del cuore, ma in cui tutta l’Italia perdeva gran parte della sua Nazionale, tanto che a riconoscerne le salme fu proprio l’ex ct azzurro. Una data in cui anche il giornalismo piangeva sfortunati colleghi, compreso Renato Tosatti, padre di Giorgio. Una data in cui lo scudetto venne assegnato a tavolino ad una squadra che fino a quel momento, però, sul campo ne aveva vinti cinque di seguito di scudetti. Una squadra che come quella lì mai più, fino ad ora. Tutti conoscono la tragedia di Superga, luogo in cui si schiantò l’aereo che riportava a casa da Lisbona l’intera squadra del Toro, allenatori, dirigenti, qualche giornalista. Alcuni di loro si salvarono per puro caso. Infortuni, per i quali magari qualche giorno prima si era imprecato. Una cresima di un figlio, per cui sicuramente si sarà pensato ad un aiuto divino. Un’influenza per il capitano della Primavera che da poco era in pianta stabile in prima squadra. Un segno del destino ed un mandato preciso, visto che da quel giorno e fino a fine campionato fu schierata in campo proprio la squadra della Primavera. E contro di loro, tutte le altre squadre schierarono le loro Primavere. Un’eredità pesante per dei ragazzini, ma un onore per chi aveva il cuore granata.
Ogni volta che il mio Napoli deve giocare contro il Torino, mi torna alla mente la scomparsa di quella squadra. Di quei successi, di quelle vittorie, di quelle gioie, di quell’orgoglio. Tutte cose che chiaramente non ho vissuto direttamente, ma per le quali mi porto dietro una forte empatia. Eppure il ricordo calcistico legato al mio periodo a Torino non è dei più belli. Ho vissuto lì nel 2005, anno in cui un’intera città festeggiava. Un anno in cui io, invece, non avevo un tubo da festeggiare. La Juve vinceva lo scudetto, il Toro saliva in A e il Napoli…perdeva i paly off contro l’Avellino. Col senno di poi, avremmo potuto festeggiare più noi di loro. Alla Juve fu revocato lo scudetto, il Toro non s’iscrisse al campionato di serie A e noi…dall’anno dopo è stata un’ascesa continua. Ma ricordo che all’epoca risposi ai fuochi d’artificio, ai carri in strada e agli sfottò di amici bianconeri portando e appendendo con rabbia e ironia una sciarpa azzurra nel pub sotto casa, covo di juventini, meridionali trapiantati sotto la Mole. I miei amici granata invece, tutti torinesi DOC, non fiatarono ed ebbero rispetto per il mio dolore. A pensarci bene, forse, fu menefreghismo più che rispetto. Resta il fatto che quando il mio Napoli gioca contro il Toro, non riesco a vederla come una partita tra nemici, seppur di sport.
E di quell’anno vissuto a Torino non ricordo solo i loro festeggiamenti o le mie lacrime, ma ricordo la mia visita a Superga e a quella lapide con i 31 nomi delle vittime incisi sopra. Quasi tutti giocatori, quasi tutti campioni d’Italia, quasi tutti in Nazionale, quasi tutti atleti che sarebbero rimasti comunque nella storia del calcio italiano per le loro imprese sportive. Fosse capitato al mio Napoli, che sia stato quello vincente oppure quello dalle brutte figure, non mi sarei ripresa più. Ecco perché quella col Toro non riesco mai a vederla come una partita tra nemici, seppur di sport. Forse all’andata Aronica mi ha preso un po’ troppo in parola, regalando un assist all’ultimo secondo a Sansone, ma quasi non mi ha dato così fastidio regalarli al Torino. Quasi. E spero che Rosati domani sia nella vecchia forma leccese. Ma se devo dirla tutta, sinceramente, spero che domani vinca veramente il migliore.
Articolo modificato 29 Mar 2013 - 18:05