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Finalmente si è sfatato un tabù. Anche senza Cavani la squadra soffre. Ma anche senza Cavani la squadra fa gioco e segna.

Un Napoli spaventoso su carta. Mancavano all’appello due importanti titolarissimi, Inler e Cavani. Il cervello e il braccio. Una macchina imperfetta, senza motore nè testa. Azzardare una formazione del genere, senza punti fermi, in una partita contro il Toro, per antonomasia e tradizione difficile, dato che gli azzurri hanno sempre arrancato contro i granata, era da folli. E invece Mazzarri, senza paura, e meravigliando un pò tutti, ha offerto la panchina al Matador, affidandosi all’esperienza veterana di Pandev e alla fantasia debordante di Insigne in attacco e consegnado poi le chiavi del centro campo al bravo, ma poco convincente Dzemaili. Almeno fino a ieri.

E alla vigilia di Pasqua, sul terreno di gioco dell’Olimpico è successo di tutto. Un turbine di emozioni ci ha sballottati da un estremo all’altro. Quello che di certo è rimasto offuscato, al quale ormai non si da più peso, è il rigore sbagliato di Hamsik. Perchè c’è stato?..ma che importanza ha il Napoli ha vinto.

E ha vinto come non vinceva da tempo. Perchè hanno vinto tutti, Mazzarri compreso. Non è stato il solito Cavani a trascinare gli azzurri alla vittoria. Non è stato il digiuno e l’astinenza prolungata del Matador a condizionare il percorso della squadra, perchè un goal te lo puoi(o potevi?) aspettare solo da Cavani.

Ma finalmente si è vista la squadra, il gruppo.

Pochi sprechi, un fraseggio al centro campo che mancava da tempo. Continui cambi di gioco per evitare le acque torbide di una staticità ed inerzia, che ha sempre penalizzato il Napoli. Sempre nuove idee ben costruite. E finalmente tanti goal.

Terno sulla ruota Svizzera e ambo su quella dell’Uruguay.

Tripletta di Dzemaili e doppietta, dell’abbondantemente ritrovato Cavani, che pur non partendo dal primo minuto, ha lasciato il suo segno, doppio segno, a fine gara.

Ed è questo il Napoli che piace. Quello fantasioso, brioso, coinvolgente, convincente e mai scontato.

Insomma, una squadra di solisti, no di un solista per squadra.

Perchè a volte gli acuti a cappella diventano monotoni. Mentre è la forza di un’intera orchestra che fa vibrare le pareti.

Si, le pareti del cuore.

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Alina De Stefano

 

 

 

 

 

 

Articolo modificato 1 Apr 2013 - 00:18

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Scritto da
redazione