A Zurigo la staffilata da lontano la conoscevano già e per questo Blerim Dzemaili è ancora considerato un eroe. Provare per credere. Youtube: “Dzemaili Abschiedsrede”, l’addio di Dzemaili, video nel quale il capitano con le stampelle, vittima di un infortunio che gli fa saltare la parte finale della stagione 2006-2007, si affaccia dal balcone del municipio per salutare i suoi tifosi prima di passare al Bolton. E loro rispondono postando un documento di 1’51” con tanto di “Dankä Blerim” base musicale di You’ll never walk alone e fotografie sulla storia svizzera del centrocampista macedone. Il più giovane capitano della storia del campionato svizzero a soli diciannove anni. Uno che sin dal suo arrivo in terra elvetica aveva ben chiaro l’obiettivo. Affermarsi a livello internazionale in un grande club.
I primi anni della sua vita il piccolo Blerim li ha trascorsi in Macedonia, a Tetovo. Una carriera iniziata nel più classico dei modi, giocando con il fratello maggiore (di tre anni) Bettim. “Il vero campione di casa era lui, mi batteva sempre. Poi si è rotto una gamba e ha dovuto smettere”, ha detto in recenti interviste. A sette anni il trasferimento a Zurigo per ricongiungere la famiglia. Il padre muratore, l’insegnamento che senza sacrificio non si va da nessuna parte. Storie comuni a tanti emigrati. Oerlikon Zürich, Unterstrass, YF Juventus le squadre dai nove ai quattordici anni. Poi gli scout dell’FC Zurich lo hanno scoperto. I primi allenamenti e la conoscenza di Massimo Rizzo. Loro di origine albanese, Rizzo svizzero di nascita con Lecce nel cuore e nella dolcezza dell’italiano parlato. Oggi è il team manager dello Zurigo. Ci mette un po’ a rispolverare i ricordi fin quando quello del giovane Blerim diventa sempre più nitido. “Lui figlio di emigranti, io altrettanto – racconta – a quel tempo giocavo e facevo il segretario del team. Blerim era ai primi allenamenti. L’ho introdotto nell’ambiente dello Zurigo aiutandolo nelle cose più pratiche. Per me era più facile capire le sue esigenze”. Diecimila franchi svizzeri all’Unterstrass nel 2001 (oggi poco più di 8.000 euro), “pochissimo, praticamente nulla” e la cifra fu così alta perché in realtà era comprendente il premio dovuto al debutto in serie A altrimenti si sarebbe fermata a 2.000 franchi. “Blerim ha convinto tutti sin dall’inizio. Preciso, disciplinato, gentile, forse un po’ introverso. Vita privata e studi assolutamente normali”. E la staffilata? “Quella l’ha sempre avuta. A Napoli ve ne siete accorti adesso ma subito dopo Torino-Napoli ne abbiamo parlato in società. Ricordando il suo tiro mortifero”.
Gli Dzemaili appartengono alla minoranza albanese che vive in Macedonia, la famiglia è musulmana e Blerim “è stato sempre un professionista serio” continua Rizzo. “Ha saltato tutta la trafila. Lucien Favre, oggi tecnico del Borussia Mönchengladbach, lo vide in una partita dell’Under 18. Nel 2003 avrebbe dovuto giocare nell’Under 21 ma fu lanciato subito in prima squadra”. Esterno destro basso di una difesa a quattro. Basilea-Zurich 16 luglio 2003 il debutto nella Super League svizzera. Da allora 111 partite e nove reti. “Prese in mano la squadra, sicuro, determinato, un vero leader in campo”. Con lo Zurigo ha vinto due campionati ed una coppa di Lega. Il 26 maggio 2007 le celebrazioni per la vittoria del titolo si mischiarono a quelle per l’addio di Dzemaili direzione Premier League. Festa con singhiozzi. Il balcone della Casa del Popolo con i giocatori biancoblù. Lui con le stampelle per un infortunio occorso qualche settimana prima ma che non impedì di vincere lo scudetto elvetico. Senza gli infortuni avrebbe potuto ambire a squadre più grandi? “Ma Napoli è una grande squadra – ammonisce Rizzo – e lui ora gioca in una formazione che può raggiungere tutti gli obiettivi possibili. Basta volerlo”. Come Blerim Dzemaili.
Fonte: Il Mattino
Ecco il video dell’addio allo Zurigo:
http://youtu.be/cbK6GBnwSro