Parole già sentite, affermazioni risapute, in diverse salse ma pur sempre già riferite, nonostante alcune delle quali fossero, per molti tifosi partenopei, istintivamente auspicabili da un giocatore come Lavezzi, ambizioso e desideroso di vivere un’esperienza diversa da quella azzurra. Ed ecco Parigi, ecco gli sceicchi, ecco l’ingaggio della vita, il palcoscenico della Champions non solo di passaggio ma, probabilmente, in pianta stabile per chissà quanto tempo, la grande metropoli parigina, tempio della moda e, quindi meta ideale anche per la compagnia-modella Yanina Screpante, un grande allenatore, Ancellotti, in un grande team, capace di annoverare star strapagate come Ibrahimovic e Beckham, stelline come Pastore e Thiago Motta, uno dei migliori centrali difensivi al mondo come Thiago Silva. Insomma, il meglio. Il meglio però, come spesso accade, non corrisponde a tutto ciò che si vorrebbe. Ed allora, come capita ai ricchi, agli sprovveduti e strapagati miti dello spettacolo e dello sport, coloro per i quali i limiti non esistono, il poter possedere tutto spesso coincide con la consapevolezza che manca qualcosa, quell’aspetto spirituale, quell’assenza di mordente che parte dell’anima, quella passione che è lo sprint per superare gli ostacoli, anche quelli personali, quelli che non consentono di poter dire di essere felici. Non sarà certo così per Lavezzi, anche se dalle sue parole trasuda una certa mancanza, quel “gap“, quel “non so che” che non ti completa. Eccola la lunga intervista rilasciata da Ezequiel Lavezzi al settimanale Sportweek in uscita assieme con la Gazzetta dello Sport: “Parigi mi piace anche se i francesi sono molto riservati rispetto agli italiani e gli argentini. Bisogna abituarsi ai loro modi di fare.
A Napoli era diverso? Qui la gente ti conosce ma al massimo chiede un autografo e non è mai invadente. A Napoli e anche a Milano potevo chiamare un ristorante anche alle 10 di sera, il tavolo sarebbe sempre uscito per me. A Parigi se la sala è piena devi aspettare il tuo turno, sei come gli altri anche coi vigili. Andavo contromano in una strada, beccai due poliziotti, mi scusai e non mi multarono, fortunatamente mi è andata bene.
Meno attenzioni rispetto all’Italia? Penso sia la cosa migliore per uno come me.
Ibra vuole andare via? E’ stato fischiato, qui non ti perdonano nulla. Guardiamo le partite del campionato italiano e usciamo insieme, discutiamo spesso sulla Serie A.
Le manca Napoli? Non è facile dimenticare una città dove hai vissuto per cinque anni, l’affetto che ho ricevuto là non lo trovero in nessun altro posto. Per un calciatore vivere a Napoli è stancante poi ti abitui. Quando andavo a cenare con Verratti tornavo a casa a piedi, mi chiamava pazzo. Gli ho risposto che non ero abituato visto che a Napoli non l’avevo mai fatto. Qui posso godermi la città. Napoli è fantastica ma non è apprezzata come merita.
Tornerebbe? Non lo so, dagli amici sicuramente. Ho incontrato due pizzaioli napoletani a Parigi e mi hanno chiesto il perchè della mia decisione di andar via.
Si sentono traditi? Non ho mai detto che sarei rimasto a vita in azzurro. Ho voluto cambiare per vivere un’altra esperienza. Credo sia stata la scelta migliore ma mi mancano gli amici e lo spogliatoio. Sento spesso Inler, i sudamericani, Hamsik, sono venuti anche De Sanctis e Cannavaro a trovarmi. Cavani? Con lui non parlo da tempo”.
Articolo modificato 6 Apr 2013 - 11:19