Astinenza da stadio. Astinenza da curva. Astinenza da famiglia della curva. Astinenza da esultanza con la famiglia della curva. Astinenza è la parola d’ordine di questa partita in casa, arrivata dopo tre settimane. Una di sosta, una Santa terminata con la resurrezione di Smaili e l’ultima passata tra una partita di Champion’s e l’altra, in relax. Si, astinenza mi sembra la parola giusta per cominciare il racconto di questa partita dagli spalti.
Si gioca contro il Genoa, ma abbiamo l’impressione che si potrebbe trattare anche dell’Arzanese, con tutto il rispetto. Saremmo comunque e allo stesso modo concentrati. Soprattutto dopo aver visto il Milan pareggiare a Firenze e con la possibilità di mettersi a +4 prima dello scontro diretto. Insomma, ci dispiace per il gemello rossoblù, ma la salvezza dovrà guadagnarsela altrove.
Si gioca in concomitanza con l’Inter, ma poco importa. Anche se sapere della tripletta di Denis e della sconfitta dei nerazzurri fa abbastanza sorridere. Quando poi, al ritorno a casa, ho visto anche il goal sbagliato da Ranocchia a porta vuota, provo un po’ meno rabbia per l’ennesimo rigore inutile che abbiamo avuto. Il mio picco più alto di bestemmie della serata, che per fortuna è stato povero di momenti veramente degni di nota in questo senso. Tranne all’ingresso, dove per l’ennesima volta uno steward mi chiede di far entrare una ragazza nel tornello con me. Io non rispondo neanche, lei s’intrufola e io con un’abile mossa la lascio fuori dal tornello dando poi la colpa allo zaino e dicendo di non averlo fatto apposta. Entra chiaramente con chi era dopo di me e sento lo steward dire alla ragazzina: “Vai, vai. Ora raggiungi la zia!”. Queste cose mi fanno diventare molto violenta. Ecco perché guardo avanti, evito di prendermi il DASPO e mi dedico al pre-partita. Ma andiamo con ordine.
Partenza alle 17 da casa. 17:30 allo stadio. 17:35 sugli spalti. Vuoti. Vuotissimi. E la vocina di chi è con me che dice: “Finalmente! Che bello stare qui da soli!”. Ti godi la quiete prima della tempesta. Tempesta di emozioni, si capisce. Pian piano arrivano tutti ed è un salutarsi affettuoso, più del solito, con baci e abbracci prolungati. Troppo tempo senza. E si sente. Tra di noi anche uno straniero, amico di amici. Un argentino. Come non accoglierlo con una fetta di pastiera tra primo e secondo tempo? Lui accetta volentieri, prende il pezzo intero e lo addenta come fosse un panino, lasciando tutti di stucco, soprattutto chi doveva tagliarsi il suo pezzo dopo di lui. E così diventa subito la nuova icona del gruppo. “L’argentino che dà la capata alla pastiera” è ora il nostro nuovo mito.
Il pre-partita corre via veloce come tutto il resto. Compresa la partita. Ad un certo punto anche il cronometro ha deciso di scomparire per evitare di farci vedere i minuti che correvano via. Non so spiegare perché, ma a me è sembrato tutto così veloce. Probabilmente l’astinenza ha accelerato il godimento. Sta di fatto che sugli spalti c’era una combriccola allegra e vogliosa di punti ed è stata subito accontentata da un rispolverato Pandev e da uno Smaili che c’ha provato gusto. Nella combriccola allegra e vogliosa di punti c’era il gran ritorno di chi ha avuto un anno e mezzo di defaillance e tutta la nostra solidarietà per un fidanzato juventino. Ma per fortuna non c’è più e lei è tornata col sorriso allo stadio. L’abbiamo perdonata, anche se abbiamo lasciato il giudizio in sospeso fino al triplice fischio dell’arbitro. Nella combriccola allegra e vogliosa di punti c’era chi è arrivato giusto in tempo dopo aver battezzato il figlio ad Assisi. Praticamente ha lanciato il bimbetto nell’acqua santa, si è assicurato che non fosse annegato, ha fatto una preghierina per la vittoria della sera ed è saltato in auto per venire allo stadio. Come si fa a non volergli bene a uno così?! Nella combriccola allegra e vogliosa di punti c’è anche chi si chiama il rigore appena intravede l’azione. Peccato che prevedere un rigore per il Napoli non significa proprio portargli fortuna. E allora Cavani lo sbaglia per non smentire il fetente che davanti a me ha detto: “E che lo tiriamo a fare?”. Anche questa, ahimè, previsione più che giusta. Io impreco come un’ossessa. Poi realizzo che per fortuna stiamo vincendo e glielo perdono. Per poi imprecare di nuovo parecchi minuti dopo quando realizzo di nuovo che abbiamo sbagliato l’ennesimo rigore della stagione. Non ci posso pensare. Nella combriccola allegra e vogliosa di punti c’è inoltre chi vorrebbe vedere Smaili nello Stabia, nonostante le ultime prestazioni; chi, sempre lo stesso, a dir la verità, ha una parolina dolce anche per Pandev, nonostante sia stato decretato come migliore in campo, continuandogli a ripetere: “Non è amante della velocità! Non è amante della velocità!”; c’è chi paragona Behrami ad una caramella che resta in tema calcistico, dicendo: “Ten’o fisico d’a Goleador! Si piega, ma non si spezza!”. E io mi sono immaginata a Valon gelatinoso a gusto Coca Cola. Terribile! Per fortuna di Behrami adesso ricordo la sua ennesima prestazione da incorniciare e gli applausi e i cori ricevuti quando è stato sostituito. E ricordo Smaili che applaudiva noi che applaudivamo Valon. Quando i tifosi apprezzano i guerrieri, oltre che i capocannonieri. Nella combriccola allegra e vogliosa di punti c’è chi domenica sera sarà a San Siro a portare il nostro sostegno e a dire che saremmo dei pazzi ad accontentarci qui e c’è anche chi da Verona ci scrive di stare tranquilli, che il Matador si è conservato la doppietta per domenica prossima.
Io la palla di vetro non ce l’ho e non so come andrà a finire domenica prossima col Milan, ma una cosa certamente la so. Tra due settimane al San Paolo ci tornerò nuovamente con una bella astinenza. Astinenza da stadio. Astinenza da curva. Astinenza da famiglia della curva. Astinenza da esultanza con la famiglia della curva. E di questa bella combriccola allegra e vogliosa di punti!