Ebbene, la filosofia dei lancieri di Amsterdam è sempre stata quella di allevare in casa i giocatori fin da bambini, tracciando un percorso di crescita personale, tecnica e tattica dei ragazzi fino ad accompagnarli al naturale sbocco della prima squadra, e grazie alla diffusa rete di osservatori, scuole calcio e società affiliate ha sempre potuto contare su un serbatoio ricco di talenti, e questo naturalmente li ha portati al duplice traguardo di vincere a livello giovanile e di formare anche giocatori utili alla prima squadra.
Oggi va tanto di moda quando si parla di vivai citare il Barcellona, ma non tutti forse sanno che i blaugrana sono stati guidati 5 anni da Rinus Michels (CT Olanda anni ’70), e poi 8 anni da Johann Cruijff (1988-1996) e ancora 3 anni da Luis Van Gaal (1997-2000), e sarebbe ingenuo credere sia un caso che il modello dei catalani somigli tanto a quello olandese. Anche gli spagnoli hanno scelto di crescere i ragazzi fin da piccoli, non troverete nelle formazioni giovanili innesti fatti nei gruppi dei 17-18 anni al fine di conseguire un risultato nel campionato B o nei trofei giovanili, perché il fine principale è la formazione di calciatori per la formazione maggiore, prima ancora di un successo giovanile.
Ci sono tuttavia anche modelli diversi da questi appena presentati, c’è chi cerca di perseguire una strategia a valenza duplice, vincere nel breve periodo con le formazioni giovanili e avere giovani utili per la prima squadra nel medio periodo, come si lavora in questo caso? Monitorando il mercato internazionale ogni anno (oppure ogni biennio), e andando a prendere nel mercato domestico o all’estero quelli che si ritengono i migliori prospetti per inserirli nella propria formazione Under 18, Under 19 oppure Primavera, insomma nell’ultima squadra delle giovanili. E’ questo ad esempio il caso di diverse squadre inglesi (per esempio il Chelsea e il Manchester City, meno lo United e non l’Arsenal), dei francesi del PSG (solo loro perché le altre squadre, anche per motivi di bilancio, prediligono l’altra filosofia) e in generale delle squadre che non avendo limiti di spesa e pur avendo le strutture e le competenze preferiscono accelerare in qualche modo la crescita dei propri gruppi giovanili.
E le squadre italiane come si muovono?
Possiamo prendere ad esempio le squadre che ieri sera si sono contese la Coppa Italia Primavera, Napoli e Juventus, e senza voler approfondire i temi della partita possiamo però leggere un dato per capire le scelte dei due club rispetto alla filosofia da seguire, e scopriamo che nella formazione iniziale dei bianconeri ben 6 (più del 55%) sono stati aggregati alla squadra da meno di 24 mesi, mentre nella squadra azzurra questo numero scende a 3 (27 %), mentre dal punto di vista degli stranieri tra i bianconeri ne troviamo 12 in rosa, mentre tra gli azzurri solo 3 (fonte dati Transfertmarkt).
Sembra quindi emergere per la Juventus il profilo di club che forma la sua maggior squadra giovanile come selezione internazionale, più che come gruppo fatto in casa, è la stessa filosofia di alcuni dei club prima citati e non si può dire sia sbagliata, invece il Napoli propende maggiormente verso la creazione di un percorso di formazione interno partendo da lontano (ma un grosso limite a questa idea progettuale è costituito dalla mancanza di un adeguato Centro Sportivo per il Settore Giovanile).
I risultati di un settore giovanile però, più che con i trofei si misurano principalmente nel numero di giocatori che riescono ad arrivare e rimanere in prima squadra e chiaramente potremo trarre le conclusioni del lavoro svolto solo tra due o tre anni, andando a scoprire chi avrà fatto le scelte migliori e se c’è una filosofia giovanile più vincente.
Andrea Iovene
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Articolo modificato 17 Apr 2013 - 08:45