Puntuale il commento di Maurizio De Giovanni sulla gara di ieri sera tra Pescara e Napoli dalle colonne de Il Mattino. Ecco le parole dello scrittore napoletano.
Siamo d’accordo: era il Pescara. Ultimo in classifica, tristemente destinato a una retrocessione piuttosto anticipata, distanziato rispetto alla bagarre tra Siena, Genoa e Palermo. E siamo anche d’accordo sul fatto che mancavano Weiss e Quintero, i gioiellini che a queste latitudini smuovono radio mercato. Eppure era lo stesso Pescara che ha fatto tremare l’Olimpico nello scorso turno, un pareggio strappato per i capelli dai giallorossi, e lo stesso Mazzarri aveva messo in guardia tutti da eventuali e perniciosi cali di concentrazione, definendo con un’ardita iperbole questa adriatica la più rischiosa trasferta della stagione.
Gli occhi dei tifosi, però, al di là della velocità della marcia verso l’agognato e ormai alle viste secondo posto, erano attratti da come si sarebbe comportata la squadra senza Cavani e Behrami: senza il condottiero mediatico, il Matador dei (quasi) cento gol azzurri che è diventato l’ambasciatore nel mondo del Napoli, e senza il condottiero sostanziale, l’uomo dalla cresta bionda che ha regalato finalmente equilibrio, ordine e forza al centrocampo. Non i sostituti, erano attesi al varco; non Insigne e Inler, che ormai si conoscono bene con i loro limiti e potenzialità, ma proprio la squadra, sotto l’aspetto fondamentale della personalità. Si chiedeva il tifoso: non sarà il momento della famosa buccia di banana, con un capitombolo proprio in prossimità del traguardo?
Il primo tempo aveva confermato il rischio: cross nel vuoto, manovra prevedibile e ripetitiva, portiere avversario in gran vena. La classica situazione che l’anno scorso, quando avevamo quindici punti in meno, si sarebbe tradotta in un malinconico pareggio. Invece stavolta i nostri escono dagli spogliatoi con ben altro spirito, e grazie anche a una fortunata deviazione ne mettono dentro tre, portando a casa la soddisfazione di aver ritardato la festa bianconera (e non è poco).
Che cosa ha detto, la partita di Pescara? Che una squadra concentrata impone sempre il proprio valore. Che la prossimità di un obiettivo non causa più pericolosi braccini. Che la squadra azzurra ha finalmente il senso di se stessa, cioè di un’ottima squadra. Che il Matador concupito in tutta Europa, se opportunamente sostituito, non causerà irreparabili ripercussioni.
Perché per quanto possa essere forte e importante un calciatore, per quanto possa essere un assoluto fuoriclasse, se la squadra è forte e consapevole di esserlo saprà supplire alla sua assenza. Perché il Napoli riesce a mandare in porta, in una trasferta rognosa, i propri attaccanti dieci, dodici volte. E comunque a fare tre gol.
E, se permettete, soprattutto perché una squadra che arriva al secondo posto di un campionato difficile come quello italiano, con l’accesso diretto alla fase a gironi della Champions League, ha il diritto di accettare solo chi davvero vuole avere l’onore di giocare con questa maglia. A chi invece vuole andar via, calciatore o tecnico che sia, augureremo col sorriso sulle labbra buona fortuna, accogliendo con gioia chi arriverà con la felicità di arrivare.
Fonte: Il Mattino