Appuntamento alle ore 15 o giù di li. Si parte alle 15:15 o giù di lì. Siamo in 4. Pochi, ma in realtà portiamo con noi a vedere Pescara-Napoli un bel pezzo del deck 4 di curva B. A differenza di altre trasferte, stavolta al primo pit stop benzina non troviamo altre sciarpe azzurre, ma cravatte e vestiti eleganti diretti ad un matrimonio. Poco importa. Evidentemente oggi bastiamo noi. La prima parte di viaggio se ne va veloce tra una strada sbagliata; una bancarella di sciarpe e bandiere della Juve a cui abbiamo gridato tutta la nostra felicità di vederla, controllando che non ci uscissero bolle lungo tutto il corpo; un posto di blocco a cui abbiamo sorriso e alla domanda “avete precedenti” abbiamo fatto notare che avevamo la tessera del tifoso con tanto di foto e controllo in Questura. Ci lascia ripartire non prima di leggere il mio cognome e fare una battuta mai sentita prima: “Divertito, cerca di divertirti stasera!”. Converrete con me che gli scongiuri erano d’obbligo. E dal risultato portato a casa, direi che ho fatto bene.
Arriviamo a Pescara alle 18:30 o giù di lì. Dalla strada verso lo stadio si vede il mare e a pensarci bene tutte le nostre trasferte italiane fino ad ora sono state sempre in città interne o al massimo di fiume. Come se andare in trasferta per noi significasse anche doverci portare il mare che abbiamo dentro. Stavolta ci ha preceduto persino il sole, presente a Pescara ma non a Napoli al momento della partenza. Ma tant’è. Trasferta bagnata, trasferta fortunata.
Un’organizzazione impeccabile ci fa parcheggiare davanti al settore ospiti dove ci accolgono camionette delle polizia in assetto di guerra, bancarelle di bandiere e sciarpe azzurre, accenti partenopei e amici arrivati prima di noi. Quando siamo dentro, invece, ci incontriamo con amici arrivati dopo di noi da Verona e dintorni.
Dopo un pre-partita di prove cori, di urla disumane di “un pescarese su mille ce la fa” che dalla curva di fronte vuole farci sentire tutta la sua stima salvo poi zittirsi quando “mille napoletani su mille ce la fanno” fanno sentire la loro, l’arbitro decide che s’è fatta na certa, probabilmente gli è arrivata voce che al ritorno da Pescara io devo andare anche a lavorare, e allora qualche minuto prima del previsto pensa che è ora di cominciare. Sky non è della stessa opinione, delle mie ore di sonno da recuperare se ne frega e allora i giocatori cominciano di nuovo a riscaldarsi e a fare amicizia col pallone aspettando le 20:45 esatte. Ringrazio comunque Romeo per il pensiero, mentre qualcuno gli ricorda che Giulietta è a casa da sola e sente nostalgia.
Poi la partita. Una partita in cui sugli spalti si era in gran forma, in campo qualcosa c’è stato, ma soprattutto nel secondo tempo. E allora così come settimana scorsa abbiamo esultato in differita, a Pescara abbiamo fatto le prove tecniche di esultanza con Insigne che ha fatto le prove tecniche di non esultanza, mentre gli arbitri hanno capito come si usa il microfonino e ci hanno provato gusto a chiacchierare tra di loro. Nel settore accanto al nostro, intanto, uno sparuto gruppetto di tifosi avversari ci da carinamente appuntamento a dopo perché vogliono farci qualcosa, dai gesti direi offrirci una pizza o una torta, o comunque mimavano con le mani qualcosa di tondo. Noi sorridevamo, ringraziavamo e, soprattutto dopo il primo e poi il secondo e poi il terzo goal, abbiamo fatto notare loro che purtroppo dovevamo salutarci adesso e non ci rivedevamo più. Uno di loro, quello più folcloristico e più accanito, era in canottiera bianca di MagoOronziana memoria, e allora d’obbligo la voce che gli ha fatto notare di aver dimenticato il canotto. Un’altra voce ha propinato consigli al guardalinee su dove sistemare la bandierina, qualora non sapesse dove metterla. Un modo per portarsela sempre con sé e non dimenticarla mai.
Qualcun altro ha addirittura chiamato apposta per confessarci il suo dispiacere nei confronti del difensore che marcava Maggio e per i lividi da quest’ultimo procuratigli dalle tante volte in cui i tentativi vani di cross finivano sulle cosce del malcapitato. Abbiamo sperato in un goal di Calaiò, accolto da fischi manco fosse Quagliarella al San Paolo. E tra andata e ritorno abbiamo superato indenni tanti posti di blocco quanti ne supera non indenne un bambino palestinese per andare a scuola. Alquanto esagerato per un paese non in guerra. Ma non ditelo ad Israele.
Insomma, anche questa è andata. Anzi, ritorno come l’andata. Pensavo in un abbraccio collettivo a Bucchi, giocatore a cui ci sentiamo affezionati. Ma evidentemente eravamo troppo concentrati a vederlo come avversario e a prenderci tre punti sempre più da Champion’s e allora lo saluto solo adesso. Lo leggerà sicuramente.
Rientriamo alle quattro del mattino, pronta ad andare a lavoro per le otto. Non proprio fresca come una rosa, ma felice di esserci stata come sempre.
Ah, dimenticavo! Riponete pure i ponpon pagati dalla vostra cara società, stasera non c’è niente da festeggiare.