Fatti, non parole: e in quei concetti che viaggiano dritto al cuore, c’è la sintesi d’una unione pressocché perfetta, le analogie che collegano. Così simili e pure così diversi: ma pure così estremamente compatibili, perché l’unione che fa la forza dell’ultimo quadriennio e nelle contrapposizioni sistematiche sulle idee e sulle filosofie, sul confronto dialettico sui profili tecnici, sulle differenze nette che si trasformano in convergenze parallele ed avvicinano, una volta di più, De Laurentiis a Mazzarri e viceversa. “E’ un allenatore serio e leale, una persona perbene come me: non sempre la pensiamo allo stesso modo, ma…”.
Domani è un altro giorno e si vedrà cosa verrà lascerà in eredità questa liaison in chiave moderna, con tweet che si accavallano e dichiarazioni pubbliche che squarciano orizzonti cinguettanti: “Io, dipendesse da me, non farei un biennale ma persino un triennale” . La storia probabilmente continua: perché tra le nuvole che restano, c’è nitida il passato che ritorna prepotentemente e che certifica la garanzia d’un progetto fondato sulla continuità, la ricerca sistematica dell’evoluzione attraverso la fedeltà in se stesso, nelle proprie strategie e in quegli allenatori a cui De Laurentiis s’è concesso con fiducia: dieci anni circa e solo quattro tecnici, Ventura e Donadoni gli esonerati, Reja e Mazzarri quelli con mandati pluriennali, tanto per sottolineare che nulla nasce dal caso, che l’organizzazione ha un peso e un senso e va sostenuta.
Il nuovo calcio che avanza – e lo ribadisce il campo – è in quel Napoli che dal 2004 in poi ha scalato le gerarchie puntando su concetti chiarissimi, inequivocabili, investendo e però mai sperperando, intuendo e scovando talenti e talvolta – umanamente – sbagliando, comunque assserragliandosi in quei principi che la longevità tecnica può solo consolidare attraverso la comunione di intenti: “Parleremo del contratto quando sarà il caso, in questo momento ci sono cose più serie a cui Mazzarri deve pensare: ha le partite, ha il campionato. Lui è la prima scelta e lo sa”.
Meno quattro: e quando la stagione sta per consumare i suoi ultimi atti, lasciando che sfilina via festanti i titoli di coda, già s’intravede all’orizzonte la quinta puntata d’un romanzone scritto a quattro mani, un braccio di ferro assai amicale che spinge alla competizione ad oltranza e nasconde il desiderio di tutelare il senso pieno del proprio calcio, miscelando il fair play finanziario alle legittime aspirazioni di grandezza, racchiuse in quello spot lanciato che De Laurentiis ha sussurrato a mo’ di carineria: “Il mio Napoli sarà sempre ambizioso e punterà a divetare uno dei club più importanti d’Europa”.
Fonte: Corriere dello Sport