Pensare partita dopo partita, era il proclama di Mazzarri. E a furia di pensarci, il Napoli s’è trovato coi conti in disordine troppo presto, abbastanza per smarrire la carica psicologica dopo l’uno a uno casalingo proprio contro la Juve, quello del 1 marzo, incontro che avrebbe dovuto accorciare definitivamente le distanze.
Dopo quella partita, al rovescio dell’ultima occasione perduta, il Napoli le prendeva a Verona, la Juve batteva il Catania all’ultimo minuto, e lo scudetto finiva nelle certezze bianconere.
Subito dopo, il Napoli ha ritrovato forza e spessore, conquistando 16 punti in 6 partite. Unico pareggio, 1 a 1 a Milano col Milan, nella partita che ha segnato il traguardo Champions, quello che, alla luce dell’andamento generale del campionato azzurro, è stato l’obiettivo che ha rassicurato l’ambiente, senza gettarlo nei momenti di sconforto dovuti all’abbattimento di pareggi interni, di punti sprecati, vedere prima di Natale e febbraio, che minavano sistematicamente la corsa al titolo.
Il Napoli per la seconda piazza si è sempre ritrovato, unito, composto e riconosciuto. Quello per lo scudetto si è scomposto, si è illuso e si è perduto ogni volta che è riuscito a guadagnare la scia della Juventus.
Media punti altissima, per carità, che forse in un altro campionato avrebbe detto di un titolo a portata di mano. Ma il rendimento altrui non deve nascondere la questione partenopea dovuta all’atteggiamento di squadra, allenatore e società.
Dopo la gara di andata col Pescara, il Napoli era a un passo dalla Juve. A Natale, la Juve era irraggiungibile. Causa, crollo psicofisico dovuto all’imminente penalizzazione e al tira e molla in Europa League. Poi, dopo Natale, recuperati i due punti inizialmente perduti, il Napoli s’è rimesso in corsa per il tricolore rimontando alla Juve quasi tutto il gap. Poi, a febbraio, è mancato l’aggancio, fino alla definitiva fuga bianconera.
I punti di differenza tra Napoli e Juve sono tutti lì. Napoli battuto a Bergamo e Juve vincente al 90’ col Bologna, Napoli sconfitto a Verona e Juve vincente col Catania all’ultimo secondo, più i due scontri diretti, dove gli episodi sono stati determinanti. Sembra poco? Eppure, sono 11 punti. Abbastanza per riflettere sul fatto che la vittoria si compone di dettagli.
Sebastiano Di Paolo
Articolo modificato 29 Apr 2013 - 02:32