La vita reale continua ancora a scorrere, anzi, vive il suo epilogo, e già l’uomo comune ha il bisogno di timbrarla come evento concluso, come passato da sistemare per lasciare lo spazio bianco dove scrivere una nuova pagina.
Oggi la realtà è fluida, debole e complessa, e l’uomo della strada si adegua a questa liquidità del sentire come un discepolo fin troppo zelante. Mancano ancora quattro giornate alla fine dello sforzo annuale di quelli che chiamiamo i “nostri eroi”, e già si avverte una noia mortale degli eroi ancora nostri. Si deve cambiare! Occore Dzeko, Mazzarri deve restare, il sole può andare e la luna può avere i suoi minuti contati.
Intanto il presente si distrugge in una sequenza di attimi senza valore perchè è l’uomo, il tifoso stesso, a renderli tali. Li rende tali con il suo sguardo che si allunga come una meridiana nel giorno ancora non nato, nell’aurora di domani immaginata e che rende il giorno presente notte.
Ormai la bottega dei sogni è stata riaperta, e con che anticipo gente! La chiacchiera sostituisce i fatti, che così perdono sostanza, diventano esili fiati risucchiati essi stessi nel gorgo dei sogni. In questa trasparenza sentimentale, che io contesto a gran voce, dove il Dio di oggi è solo di oggi, dove gli eroi non sono eccezioni, ma solo prodotti seriali vomitati dalla fabbrica degli acquisti, si perde il senso dell’appartenenza.
Tutto cambia troppo velocemente, rendendoci ignoranti perchè impotenti a soffermarci e quindi riflettere. Chi è Cavani oggi, cosa rappresenta per il tifoso? Un eroe, un mercenario, un atleta di Cristo, un professionista, un campione? Forse un po’ tutte queste declinazioni, forse nessuna, essendo giudicato solo come “nostro”, nell’accezione di colui che condivide con noi una stessa missione, tanto irrazionale quanto feconda.
Ma c’è il mercato delle bestie, e colui che è nostro può essere di qualcun’altro. Ebbene? Allora erigeremo altri altari, altri eroi, altri fuochi sacri. Tutto legittimo per carità. Ma non è legittimo moralmente piangere un eroe come morto, o salutarne uno nuovo mentre colui che si piange compie ancora imprese per noi.
Carlo Lettera
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