FUTURO MAZZARRI CAVANI | La festa c’è, ma non si vede. Non si sente. Per adesso resta dentro. E’ l’aritmetica che nega alle bandiere di sventolare per la Champions ritrovata. Un sinistro moscio di Mario Balotelli ha rispedito in frigo lo spumante. Pazienza. Così va. Ma – abbasso l’ipocrisia – sull’asse Pandev – Cavani già dopo due minuti e mezzo di questo match con l’Inter il secondo posto è là, bello e impacchettato con il nastro azzurro. Se ne riparlerà tra qualche giorno. Già in questa settimana, forse. E allora sì che il Napoli potrà dirsi felice e soddisfatto. E allora sì che Mazzarri potrà risfoderare finalmente un bel sorriso e De Laurentiis affacciarsi al balcone centrale di Castel Volturno per dare il più atteso degli annunci: habemus mister. Perché, è evidente, con mister centouno dato col passaporto in mano e la neve in tasca, la prossima Champions avrebbe un sapore strano, persino un po’ sciupato, se se ne andasse pure il signor Walter, primo firmatario di questa ufficiosa seconda posizione che vale anche come record personale dell’allenatore.
I PRECEDENTI – E per il Napoli, invece? Beh, scudetti dell’87 e del ’90 a parte, anche gli azzurri non è che abbiano poi tanta confidenza coi secondi posti. Prima di questo – d’accordo, manca ancora la benedizione dei numeri e dei conti! – gli è capitato solo altre quattro volte in quattro lustri e mezzo. Quarantacinque anni tondi tondi dalla prima volta: da quel Sessantotto azzurro col Bruno Petisso Pesaola in panchina e Zoff, Bianchi, Juliano, Montefusco, Altafini, Sivori e Canè sul prato, a questa primavera di recessione amara, addolcita da Mazzarri e da Cavani, da Hamsik e da Lorenzinho, passando per il Napoli di Diego Maradona che due volte fu secondo tra uno scudetto e l’altro. Insomma, belle storie quelle e bella storia pure questa. Infatti, ieri come allora, nella notte del San Paolo dove slovacchi fans di Marek e giapponesi azzurri honoris causa si sono mischiati ai napoletani, s’è gustato il fascino d’una cavalcata che rispetto al passato la gente sta vivendo però con toni e gesti di maggiore compostezza. Segno dei tempi che pretendono sobrietà pure nei comportamenti? Può darsi. Di sicuro la consapevolezza della crescita del club, della squadre e di tutto ciò che gira loro intorno, che ora invoca – perché no: pretende – che tutto questo non resti una mirabile incompiuta.