Il giorno dei giorni per Napoli, quello che è segnato di rosso, non sul calendario, ma nei cuori di questo popolo, perché fu quel giorno che Napoli comprese il significato della parola “festa“.
Impossibile ed altamente improbabile tentare anche solo di sforzarsi di ricercare parole utili a descrivere, spiegare e narrare la magnificenza di quei momenti e la fastosa irruenza di quelle emozioni.
Tutto, proprio tutto, quello che c’è da capire, raccontare e ricordare è insito nel nome di a quel “10” ha saputo imprimere un suggello d’eternità: Diego Armando Maradona.
Era di maggio, quel “20” di maggio che, un anno fa, ha regalato la notte più lunga ed azzurra dell’era De Laurentiis, quella che l’intera squadra, trionfante ed orgogliosa, trascorse su un pullman che la condusse in giro per le strade della città, dal Maschio Angioino a Mergellina, avvolta nell’asfissiante ed amorevole abbraccio della sua gente, allorquando, di ritorno dall’Olimpico di Roma, aveva conquistato una coppa in cui vi era riposta la testa della “Vecchia signora” che per una notte, almeno quella notte, nulla aveva potuto contro il livore di vittoria degli armigeri azzurri ed era lecito, doveroso e confacente mostrare con fiero onore quel trofeo al loro popolo.
Era di maggio, anche lo scorso mercoledì, quell’8 maggio che immortala la notte di Bologna, quella che rischia di impallidire al cospetto delle altre due sopra citate, poiché non certifica “la vittoria“, ma “una vittoria“.
Eppure, quella vittoria è valsa ad imprimere un senso forte a questa stagione ed ha sentenziare matematicamente l’accesso diretto verso “l’Olimpo degli dei” per gli uomini di Mazzarri, accompagnati, nel loro cammino, da quella musica celestiale che imprime brividi sui corpi azzurri, ma ancor di più, fa tremare le anime di loro, tutti loro, instancabili, insaziabili ed irriducibili sostenitori della squadra partenopea.
I “principi azzurri” più forti dei “diavoli rossoneri” e meno scaltri della “vecchia signora”, ma poco importa, anzi, tanto basta per esplodere in un’accorata e tripudiante festa di gioia e passione.
Ed osservando la “festa scudetto” – che si fa perfino fatica a definire come tale, per quanto scarne e sterili di gaudio fossero le immagini che la narravano – che ha avuto luogo ieri, in uno Juventus Stadium semivuoto, a conti fatti, il Napoli ha una duplice ragione per gioire: la conquista del secondo posto che significa accesso diretto alla Champions, ma anche la consapevolezza che questa squadra appartiene ad un popolo che “sa fare festa” e questo conferisce un valore inestimabile ad ogni piccola o grande conquista.
Dopo tutto, per chi è incapace di radicare la propria vita nelle emozioni che hanno conferito alla propria esistenza un’essenza unica e speciale, questo è solo un “maggio come tanti“.
Luciana Esposito
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Articolo modificato 11 Mag 2013 - 23:40