QUEL COLPO ALLA SIGNORA! – Nulla, assolutamente nulla, rispetto a ciò che Diego combino a Tacconi. Fu una Juventus forte di otto vittorie in otto partite quella che arrivo al San Paolo neIl’85. La Juve del Trap e di Platini. Ebbene, toccò proprio a Diego interpretare quel giorno il sogno azzurro del successo. Punizione indiretta in area bianconera. Lunga trattativa con l’arbitro perché la barriera era più o meno a cinque metri, poi la decisione del Fenomeno argentino: “Vabbe; basta cosi: tanto faccio gol lo stesso” , disse. E allora, tocco lieve di Pecci e Maradona arrotolò il sinistro, piegò il busto, accarezzo il pallone e gli sussurrò di volare sopra la barriera e d’infilarsi lassù in alto. E il pallone gli ubbidì: volò, s’infiIo nel sette, lasciò tutti sbigottiti. Gol impossibile e invece possibile. Uno dei più belli che si siano visti in un secolo di calcio. E poi? E poi Inter-Napoli. L’Inter di Castagner, ma soprattutto di Karl Heinz Rummenigge Pallone d’oro per due volte. Ebbene, quel giorno più che don Karl Heinz, fu il signorino Diego a dar lezione. Cross da destra di Giordano e, dalle parti del secondo palo, stop di petto di Diego e sinistro tagliente ed incrociato senza dare al pallone manco il tempo di toccare una volta il prato. Zenga s’arrese. L’Inter no. Ma solo perché più tardi l’arbitro gli regalò un rigore inesistente. Ma il film dei gol che non si possono scordare del primo biennio di Diego Maradona in maglia azzurra non sarebbe completo se si dimenticasse quello rifilato al povero Giuliani. Rosario Lo Bello fece 100 in Serie A quel giorno; il Napoli, invece, ne fece cinque a Verona scudettato di Bagnoli. E tra quei cinque gol ci fu un pallonetto da più o meno centrocampo che Maradona mandò a dormire all’incrocio della porta veronese. Un tocco di magia. Una parabola d’artista.
Un giorno arrivò a Napoli e la sua vita cambiò da cosi a cosi. La sua vita da bomber, si capisce. Perché da quando era diventato El Matador, tanti gol tutti assieme Cavani non Ii aveva mai segnati. Sarà stata l’aria del Golfo, saranno stati le martellanti lezioni di Mazzarri o gli “accompagnamenti” di Lavezzi e Hamsik, chi lo sa, cert’e il giovanotto dopo appena tre stagioni e arrivato a un passo dal podio dei bomber napoletani d’ogni tempo. Ha medie impressionanti e un campionario di gol capace d’accontentare tutti quanti. Già, perché Cavani segna da vicino e da lontano, sul primo e sul secondo palo, da g destra e da sinistra, di piede e anche di testa. Insomma ha tutto ciò che si può chiedere a un attaccante d’oggi. Anzi, di più: lui, infatti, lo trovi anche in difesa e a centrocampo, tant’è che probabilmente è il bomber che fa più chilometri in Europa. Ma non ha solo forza, potenza, corsa, tecnica. No, Cavani ha pure coraggio. Perché certi grandi gol non li fai se hai paura di tirare, di sbagliare, di far brutta figura. Le sue intenzioni e le sue doti – in verità a molti ancora sconosciute quando nel 2010 risali il mare da Palermo a Napoli – le mise subito in chiaro, El Matador. Tant’è che in una sola stagione, la prima, mise a segno tre gol in più di quanti ne aveva fatti nelle due stagioni precedenti in rosanero: 33 contro 30. E in 47 partite contro le 51 siciliane. Trentatré gol e almeno tre da mettere in cornice. Di quelli che conquistano la gente. Il primo, una sorta di presentazione se si vuole, a Cesena nel settembre del 2010. E’ Lavezzi che va come un treno in contropiede, che attrae la difesa su di se per poi invitare Cavani alla conclusione. Già, ma come? Ebbene, Cavani cerca e trova la più difficile e spettacolare: un interno destro a giro che taglia l’area di rigore e manda il pallone nel secondo incrocio. “Signori, questo e El Matador”, c’è scritto sotto quella parabola perfetta.
L’AZZURRO LO ESALTA – Bene. Benissimo. La maglia azzurra l’esalta e il Napoli sorride. E‘ entusiasta. Batte le mani al bomber. Se le spella addirittura quando in un match di Europa League Cavani segna aII’Utrecht un gol che può segnare soltanto chi ha il piede sensibile alle giocate da campione, chi col pallone ci parla e si confida. Ancora il destro, ma stavolta dalla linea di fondo o poco più. Un corner corto col pallone in movimento che finisce sempre la: nell’incrocio più lontano e che strega anche il pubblico olandese. Gol di precisione. Gol di classe. Gol carichi d’effetto. Ma contro il Lecce El Matador tira fuori dal suo cilindro magico tutta un’altra cosa. Il Napoli non riesce a schiodare quello zero a zero e il tempo vola. Recupero: Cavani prende palla e fila via. Scansa un awersario, scansa il secondo, torna dietro, cerca spazio, evita un altro difensore e da venticinque metri spara un destro carico di potenza e di passione. Dove va il pallone? Ancora la. Ancora nell’incrocio alla destra del portiere. L’angolo di porta preferito da Cavani quando c’è da fare cose eccezionali.
Fonte: Corriere dello Sport
Articolo modificato 15 Mag 2013 - 12:23