In un certo senso, Walter ha lasciato ai posteri un vero e proprio “modus operandi” di come affrontare una piazza delicata e sempre pronta alla critica, spesso gratuita, verso la squadra ed i suoi più vicini collaboratori. Non gli si può certo negare di essere stato, con i suoi modi, una calamita naturale capace di attrarre a se una concentrazione mediatica che, nel tempo, si è rivelata l’arma vincente per un gruppo di ragazzi a cui non gli si poteva chiedere di più, per accertati limiti tecnici e caratteriali. Ecco perché, al termine del ciclo Mazzarri, si ha la sensazione che una delle maggiori virtù del tecnico livornese sia stata quella di “spremere” la squadra al massimo del proprio limite, giocatore per giocatore sembra aver dato tutto ciò che ha potuto, e magari in un altro contesto mai si sarebbe sognato di toccare vette tecnico-tattiche di questo spessore.
Dopo gli applausi a scena aperta, tocca affrontare riflessioni importanti. Cosa serve alla squadra e alla città per proseguire il cammino verso la gloria? Come sarà possibile non perdersi nel tempo attraverso un cambio al timone che in molti casi è coinciso con un ridimensionamento che, in città come Napoli, può significare deprimersi prematuramente? A quali mani bisognerà affidarsi per aprire un nuovo ciclo, votato alla crescita mentale, verso una dimensione più internazionale? Eccolo il nodo della questione. Essere internazionali, “be international” per dirla all’inglese, è un concetto che fino ad ora, nonostante le esperienze degli ultimi tre anni nelle coppe europee, non appartiene ancora all’intelaiatura di una società che sta crescendo a dismisura, sotto l’aspetto tecnico ma anche considerando il budget che la proietta ad essere una delle squadre con un “tesoretto” in grado di fare invidia alle squadre dei vari sceicchi e magnati d’europa.
Ed allora viene spontaneo abbandonare le pesanti cime che porterebbero con sé scelte tecniche, per così dire interne, legate ai nomi di Pioli, Guidolin, lo stesso Montella, per carità allenatori dalle grandi capacità, alcuni con ampie prospettive di crescita, ma privi di quell’impatto emotivo in grado di dare la giusta scossa all’ambiente, calciatori compresi, non avendo ancora avuto modo di costruirsi un’immagine dall’alto potenziale mediatico che allenatori alla pari di Rafa Benitez e Jupp Heynckes, addirittura Giovanni Trapattoni, trascinano con sé, vuoi per l’ampio bagaglio di esperienza, costellato da numerose vittorie, ma anche per l’impatto che una scelta del genere avrebbe sul progetto Napoli, alle prese con il secondo capitolo del “work in progress“, proiettato verso una consapevolezza ben chiara, sulla strada di un processo di crescita che aprirebbe il compasso verso una rilevanza che finalmente metterebbe a tacere chi ha il sentore che non si voglia compiere il fatidico “passo verso la gloria” che tutti auspicano nello stretto giro di pochi anni.
E poi, come già detto in considerazione del potere d’immagine di questi ultimi, la piazza azzurra sarebbe anche più compiacente verso tecnici di tale spessore, contrariamente a quanto accadrebbe se la scelta dovesse cadere su di un tecnico “brillante ma poco vincente” come i nomi degli allenatori italiani sopra citati. Potremo quindi convenire che, anche il Napoli, come l’Italia, ha bisogno di fare un passo in più verso l’Europa.
Articolo modificato 18 Mag 2013 - 16:26