Ecco, quindi, che tennis e calcio si incrociano, scambiandosi occhiate reciproche senza farsi intimorire dai numeri, dall’appeal, dai protagonisti in campo. Tutti fenomeni, tutti santi in un paradiso pagano; tutti con le loro aspettative da esaudire. Nell’inferno degli Internazionali del Foro Italico c’è una terra rossa che brucia, palpita, apre alla sfida senza esclusioni di colpi per poter consacrare nell’olimpo della racchetta nomi già affermati o nuove leve, gente che va, che viene o semplicemente preferisce restare, per godersi un applauso o un fischio, e riflettere su cosa modificare affinché il futuro professionale migliori.
E’ una cornice epica, nessuno vuole perdersela, nemmeno chi col tennis non ci ha mai avuto a che fare. Anche perché, da un momento all’altro, può capitare di trovarsi invischiato nel match dell’anno, combattuto fino all’ultimo respiro e vissuto grazie ad un inimmaginabile pathos. Tocchi di classe; battute e volée da capogiro: il tutto per chiarire chi la spunterà. Un po’ come sta accadendo in casa Napoli, sulla sponda prettamente calcistica, in nome dei prossimi, futuribili scenari.
Roma, quindi, città aperta. Alla bellezza di un’arte, così come all’incertezza del domani sportivo, che distoglie incautamente lo sguardo del tifoso da un traguardo importante, voluto, cercato. Il batti e ribatti delle dichiarazioni prende il sopravvento sulle basi da gettare per la prossima stagione, che per tanti, forse tutti, dovrà essere programmata al fine di ottenere qualcosa di magnifico, scaramanticamente impronunciabile. E visto che tutte (ma proprio tutte) le strade portano a Roma, per poi dilungarsi in direzioni impossibili da correggere, non resta che aspettare, e sperare che l’ultimo tie-break, successivo a quello pro forma disputato qualche ora prima contro i giallorossi, non lasci il sapore amaro dell’insoddisfazione.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo modificato 17 Mag 2013 - 23:17