Decine di pullman si avviano da Napoli con i tifosi che fremono per arrivare alla capitale: il raccordo è un fiume in piena, il piano regolatore per non far incontrare le due tifoserie viene completamente rinnovato all’ultimo momento, aumentando a vista d’occhio gli snodi principali per parcheggiare le proprie auto. All’Olimpico infatti, si arriva con la navetta. Tutti insieme, in un bagno di folla azzurro che forse, sarà per molti uno dei momenti più belli. Si cantano cori, si suona la carica, tutti vestiti con i colori della propria squadra e nella mente solo ciò che potrà essere e che si spera che sarà. C’è chi vuole assistere a quella gara perché sarà uno spettacolo ma in tantissimi credono nell’impresa. “Sarà il Napoli a vincere”, sento più volte dire spocchiosamente, lasciando per un attimo a distanza la solita scaramanzia del supporter partenopeo, consci che non è neanche lontanamente ipotizzabile un risultato diverso proprio contro la Juventus. Perdere significherebbe una gogna pubblica, l’ammissione della totale superiorità del Nord contro il Sud, di un club furbo contro uno umile ed in crescita, del passato contro il presente ed il Napoli non può permetterselo.
Lo stadio è già pieno dalle 17, il countdown è ricco d’ansia ma scivola rapido tra musica, incontri e sorrisi. C’è tutto il “San Paolo” all’Olimpico e tra Distinti, Tribuna e Curva, si crea un’unica famiglia con un cuore pulsante che aspetta solo di esplodere di gioia. La gara ha inizio: ogni secondo sembra un’eternità, il Napoli gioca davvero alla perfezione, trascinato dall’estro di un Lavezzi super. Al 62′ la svolta: il calcio di rigore concesso per fallo di Storari su Lavezzi potrebbe cambiare definitivamente il volto ad una gara fino a quel momento apparentemente equilibrata. Sul dischetto si porta lo specialista Edinson Cavani ed il tempo si ferma. C’è chi non guarda, chi si abbraccia, chi ha paura. Ma quando l’uruguagio vìola con freddezza e convinzione la porta avversaria è un delirio di puro amore, che innesca la consapevolezza che l’impresa non è un sogno ma realtà. Il settore invaso dai tifosi partenopei diventa ancor più una bolgia, ora c’è da soffrire ma sono abituati a farlo. La Juventus non molla la presa ma il Napoli limita i danni con compattezza, cinismo e fantasia fino all’82’ dove una perla di Marek Hamsik regala la certezza della vittoria alla sua squadra.
Il finale è da incorniciare: i bianconeri insieme ai propri tifosi lasciano subito il campo e lo stadio, non vogliono presenziare ad un fallimento inaspettato, loro che erano convinti di avere già la Coppa in tasca, costretti alla prima sconfitta dopo ben quarantadue risultati utili consecutivi. Sugli spalti invece, è un’ondata di emozioni indescrivibili: le lacrime segnano il viso dei più giovani ma anche dei veterani, che seppur in piccola parte, rivivono la gioia degli Scudetti circa venti anni prima. Il Napoli non è più una matricola ma una certezza, anche i giocatori adesso lo sanno. Si canta “O surdat nnammurat” dopo che ad averlo fatto erano le tifoserie avversarie a mmò di scherno durante le sconfitte, i coriandoli tricolori sono tutti per Lavezzi e compagni. L’argentino è sicuramente il più commosso: sarà la sua ultima partita con la maglia del Napoli, prima di approdare al Paris Saint Germain. Un finale più bello e degno non ci poteva essere: capitan Paolo Cannavaro alza al cielo la Coppa sotto il cielo di Roma, proseguendo la festa al ritorno nella propria città accolto da un bagno di folla come pochi.
Venti maggio 2012, una data che rimarrà indelebile nelle menti, negli occhi e nel cuore di tutti i tifosi del Napoli. Io l’ho vissuto all’Olimpico ed è stato senza dubbio uno dei giorni più belli della mia vita.
Alessia Bartiromo
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Articolo modificato 20 Mag 2013 - 14:49