Addio Mazzarri, Napoli ha bisogno di un nuovo delirio

ultrasnapoliAlla lunga, la vita senza utopia diventa irrespirabile, almeno per la moltitudine: se non vuole pietrificarsi, il mondo ha bisogno di un delirio nuovo. E’ questa l’unica evidenza che emana dall’analisi del presente. Le miserie prevedibili non eccitano la fantasia, e non si è mai veduta scoppiare una rivoluzione in nome di un avvenire cupo o di una profezia amara.

Oggi Napoli ha bisogno di un delirio nuovo e di una nuova profezia. Mazzarri è andato, andato in ogni senso. La sua fine sportiva è stata ingloriosa, un colpo di teatro non riuscito,
un effetto speciale irritante per chi è stato costretto a sperimentarlo.
Non ho deciso, giuro che non ho deciso, anche Guardiola rivela il suo futuro alla fine dell’anno”. Una farsa, una maschera che non meritava vedere un popolo allenato al vero volto, al sì e al no, quasi mai al forse. Ingenui i sognatori hanno creduto alla possibilità di una permanenza mentre l’altro stringeva mani d’addio. Fino all’ultimo la commedia mal riuscita è stata portata avanti; come poteva essere altrimenti? L’Io al centro di tutto, e ogni cosa divorata da quell’immane presenza che tale voleva restare anche nella certezza personale del distacco.

Ci abbiamo creduto davvero che non avesse deciso, perchè noi, abituati alla schiettezza che offende e salva, ragioniamo secondo i nostri parametri. Invece Lui aveva deciso e nel mentre giurava di no già costruiva con il suo agente un futuro da avversario, un avvenire lontano. Aggirati come fanciulli, paralizzati dal suo verbo che tardava a tuonare la sentenza ora come tutto è più chiaro, e che dolore alla schiena colpita dal bastone del raggiro!

Ora ci serve un delirio nuovo. Ora ci serve un comandante che sappia rischiare e accettare la possibilità del naufragio. Si è navigato bene fino ad ora, si è navigato alto, ma con abitudine, con quella maledetta abitudine che distrugge l’intelligenza e corrompe la grandezza. Walter solcava sempre lo stesso mare, era diventato un prodigio dell’abitudine, conosceva la corrente come nessun altro. Ma aveva timore dell’altro mare, dello specchio d’acqua nuovo che avrebbe potuto renderlo più esperto e insieme più inquietante.

E’ stata l’abitudine, la sua abitudine ad ucciderlo, non quella dei giocatori sempre uguali. Non aveva più stimoli da iniettare in teste che invece avevano un sogno:lo scudetto! Non ha accettato il terribile e magnifico rischio, non ha condivisio con i giocatori il pericolo mortale di trionfare o smarrirsi. Dopo quattro anni non aveva più nulla da dire. Si è dimenticato il caro Walter della parola più sacra e furiosa che ogni tifoso cova nelle sue notti allucinate: tricolore. Per lui questo non era nulla, era polvere e incoscienza.

Allora vada, caro Mazzarri, vada. La ringraziamo riverenti per i nuovi mari che ci ha fatto solcare, per i brividi e il fragore della traversata. La salutiamo in piedi. Ma ora occorre un delirio nuovo!

Come scriveva Cioran La tolleranza e i piccoli passi non possono sedurre i giovani”. Forse oggi abbiamo bisogno di un nuovo estremismo sportivo, di qualcosa di radicale che non ci faccia vecchi prima di esserlo, di qualcosa che contempli una grandiosa visione. Se poi questo progetto ci porterà al baratro, bhè, avremo la coscienza limpida degli eroi, di quelli che scendono in battaglia accettando la possibilità della morte, ma aspirando all’eccezionale.

Ora siamo dentro la curva. Dietro la curva cosa ci aspetta? Un palo, una discesa, un burrone. Nell’incertezza fermentano i sogni…

Carlo Lettera
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