Rafa è ciò che noi non siamo, è il punto critico che obbliga a ripensare e riflettere ciò che siamo, ad interrogarci sulle nostre modalità di operare e di “sentire” il mondo. L’uomo apprende per contrasto, quando un evento mette in discussione le categorie acquisite obbligandolo a ripensarle alla luce dello stimolo esterno.
Ogni apprendimento significativo ha in sè il carattere della costrizione; non si cambia se non si è costretti da qualche evento. Forse noi rifletteremo sulle nostre modalità del vivere grazie allo specchio altro di Rafa.
Benitez è la personalità più lontana dalla rappresentazione della napoletaneità, anch’essa d’altronde rappresentazione semplificativa di una realtà ben più complessa e tragica. Il pacioccone madrileno è uno spagnolo sui generis e giù di giri, un’anima dedita alla razionalità tecnica, alla cultura del sacrificio e del dovere tipica dei popoli germanici, meno di quelli latini. Misurato come l’olio di un individuo costretto a dieta, garbato come chi nelle manifestazioni di piazza rinuncia a portare la bandiera per sfilare nelle ultime posizioni, quelle più sicure, quelle meno rumorose e “cattive”.
Benitez è la negazione dello stereotipo napoletano che tanti s’illudono essere vero. E’ una sorta di cattiva coscienza delle nostre azioni e del nostro modo di pensare. Come non arrossire nel mentre delle future imprecazioni e della sguaiatezza delle espressioni quando andremo ad incrociare il suo sguardo sereno e calmo?
Può Benitez trasformare in maniera silenziosa, dal di dentro, parte del nostro modo di vivere l’esperienza sportiva? Può questa sintesi di garbo e delirio partorire una compostezza che sia anche appassionatamente furiosa? E’ possibile la conciliazione tra i due mondi? O saremo sempre universi distanti e dimenticati, realtà avverse incontratesi per una sperimentazione beffarda e malevola?
L’eterogeneità porta confusione ma anche possibilità di incroci selettivi verso l’alto; porta difficoltà di dialogo ma anche la possibilità di appropriarsi di un nuovo linguaggio. L’altro mette paura, è la pietra gettata nel lago immobile, è colui che con la sua diversità obbliga a definirci , a formularci.
Credo che alla fine di questa esperienza saremo tutti un po’ più consapevoli di quello che siamo.
Carlo Lettera
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Articolo modificato 1 Giu 2013 - 15:00