Così come è storia la vicenda che vide coinvolti due calciatori, avversari e nemici in campo, uno difensore l’altro attaccante. Parliamo di un episodio non molto conosciuto, ma che delinea gli aspetti precedentemente illustrati. Siamo nel corso del campionato ’72-’73, annata non propriamente felice per la dirigenza Ferlaino, trasferitosi in Australia per motivi di lavoro e lontano dai suoi figliocci impegnati in campo e dietro la sua scrivania. La campagna acquisti gestita dal fiduciario Ettore Sacchi non portò granché all’ombra del Vesuvio, anzi andarono via pezzi da novanta come Altafini e Zoff, sostituiti dal rientrante Canè, in fase calante, e dal buon Carmignani. Il resto dei calciatori non soddisfò pienamente il tecnico Chiappella, che dovette fare non pochi sacrifici pur di portare il Napoli in salvo dalla retrocessione.
Fu così che il alla fine del girone d’andata, il 21 Gennaio a Roma, sponda laziale, il Napoli scendeva in campo con l’estrema necessità di fare punti, altrimenti la classifica sarebbe stata davvero pericolosa. Ovviamente, partita tirata e spigolosa, volano fallacci e entrate poco ortodosse, tant’è che l’arbitro dovette fare uso dei cartellini per evitare il peggio. Lo zero a zero riesce a tenere fino al ’51, quando la Lazio sblocca il risultato; 1-0, rete di Manservisi, ex azzurro. I nervi affiorano inesorabili, e la squadra ben presto perde il nume della ragione, infatti un terribile uno-due firmato Nanni-Chinaglia mette i napoletani Ko; 3-0. Al terzo gol laziale, il compianto “Giorgione” Chinaglia, storicamente mai uno stinco di santo, sbeffeggia il centrale azzurro Vavassori, riferendo a chiare lettere che il suo gol sarebbe oramai significato Serie B per il Napoli. Il difensore azzurro attese la fine della gara per vendicarsi delle pesanti parole di Giorgione, così volarono insulti e calcioni fino alle porte d’ingresso dei rispettivi spogliatoi, con la promessa che nella gara di ritorno, al San Paolo, Chinaglia & Co. sarebbero stati ripagati con la stessa moneta.
La gara del girone di ritorno ovviamente coincideva con l’ultima giornata di campionato, quando la classifica del torneo recitava così: Milan punti 44 – Juve e Lazio punti 43. Ci si giocava il tricolore, quindi. La Juve, impegnata a Roma contro i giallorossi perdeva 1-0 alla fine del primo tempo, così come il Milan le buscava di santa ragione dal Verona al Bentegodi (3-1). Grande occasione per i biancocelesti, che avrebbero dovuto fare uno spareggio col Milan per aggiudicarsi lo scudetto, ma, a quel punto, vincere quella gara non era poi così difficile, anche perché il Napoli, in barba a quanto detto da Chinaglia, era arrivato a quella partita riuscendo ad agguantare la salvezza con sufficiente anticipo. Al ’62 la Juve pareggiò la gara, per cui in classifica vi era una parità tra le tre pretendenti che auspicava uno spareggio a tre!
La cattiva profezia di Chinaglia (oltretutto sbagliata) e la rabbia accumulata per la scoppola subita all’andata, fecero accanire i partenopei che, all’87 con Oscar Damiani misero il sigillo ad una vittoria dal sapore della vendetta. Lo scudetto andrà poi alla Juve, che si aggiudicò la gara nei minuti finali contro i giallorossi (1-2), mentre il Milan sprofondò definitivamente a Verona (5-2). Alla fine del match il simbolo di quella vendetta, oramai servita, il discusso Chinaglia, fece il gesto delle corna ai tifosi partenopei che, con un comportamento esemplare, non raccolsero l’istigazione del centravanti laziale, rimanendo fine a se stesso, ignorato e corrisposto come si dovrebbe sempre fare, e cioè con una sonora bordata di fischi. Chepeau per il popolo azzurro e per gli indomiti protagonisti in campo.
Articolo modificato 5 Giu 2013 - 15:06