L’editoriale di Elio Goka: “La Napoli scugnizza e quel falchetto preso a calci”

editoriale_elio_goka-300x150 La Napoli scugnizza prende a calci un falchetto per giocare a pallone. La vita purtroppo è fatta pure di calci alle cose sbagliate. La metafora pallonara lo insegna, che di tanto in tanto la più gratuita delle brutalità viola la spensieratezza. Ancor peggio, capita pure che se ne serva.

Leggendo qua e là i fatti di cronaca, mi ha colpito un episodio che può sembrare singolare, ma che, purtroppo, non è la prima volta che si verifica. A Napoli, nel quartiere Scampia, una coppia di giovani sposi si accorge di un gruppo di ragazzini intenti a giocare a calcio, con l’unica differenza che a fare da pallone è un piccolo pulcino di gheppio, noto rapace appartenente alla famiglia dei falchi.

I primi tentativi di sottrarlo alla tortura dei ragazzi fallisce. I due soccorritori riescono finalmente a ottenerlo, solo dopo aver offerto 10 euro al gruppo. Tanto è bastato per salvare il piccolo e portarlo all’ospedale veterinario dell’Asl 1, che lo ha successivamente dirottato al centro Lipu di Napoli.

Già in un’altra occasione in carabinieri erano intervenuti a Piazza Carlo III, per allontanare un gruppetto di scugnizzi impegnati a giocare a pallone prendendo a calci un piccolo gabbiano.

Intanto, al pulcino di gheppio la coppia ha voluto dare il nome di Francesco, “come il papa, a causa del suo colore bianco come quello della veste papale”.

Il miracolato salvato dalla partita di calcio all’ombra delle vele non avrebbe potuto chiamarsi diversamente. E pensare che Francesco, l’originale, faceva proprio questo. Parlava agli uccelli, laddove l’ispirazione lo condusse poi al “Cantico delle creature”, il poema dedicato allo splendore del creato, col velo di meraviglia e di pudore a ricoprire i dolori della vita.

E Napoli, che una volta era considerata città violenta ma accogliente, umana, talvolta persino nelle sue logiche brutali, adesso si mette pure a giocare a pallone coi pulcini. E non lo fa nel senso di favorire il calcio dei più piccoli, ma insedia tristi e deliranti campi provvisori dentro i quartieri già da tempo vittime della desolazione e della provvisorietà, dove lo scugnizzo, figura mitologica, come la ninfa, come le giovani creature che popolavano i boschi, se la spassa a pigliarli a calci, i pulcini, nelle beata incoscienza che adotta le regole della spietatezza.

E pensare che lo stesso articolo che ho letto, raccontava pure di un aneddoto contrario, si può dire per fortuna, dove un gruppo di ragazzini, a Mergellina, una volta s’è tuffato a mare per salvare un’anatra che era stata legata da una donna, pare, per l’iniziazione di un rituale magico. E non è accaduto mille anni fa, come l’adozione della magia potrebbe indurre a pensare.

L’anima di Napoli ha assorbito tutto. Metropoli stregata, colpevole e innocente, pure nel dettaglio di un gioco tra bambini rassegna orrore e umanità. Ha avuto ragione Pier Paolo Pasolini – in “Uccellacci e uccellini” racconta, proprio attraverso la metafora francescana, gli ingiusti squilibri a danno dei soccombenti – a dire di certi ragazzi “Che quando li incontri, non sai mai se aspettarti un sorriso o una coltellata”.

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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