Calcio & Business è il titolo del suo blog sul sito de Il Sole 24, che si tratti ormai di un binomio inscindibile è cosa nota, ma in Italia a che punto siamo? Tenuta da parte la questione stadi, le società sportive a che punto sono nel processo di trasformazione in aziende vere e proprie?
C’è innanzitutto da registrare un problema nella cornice legislativa, in Italia l’attività sportiva professionistica è definita dalla Legge 91/1981, che per molti versi era un testo all’avanguardia, tanto da far immaginare all’epoca il passaggio per le squadre da associazioni sportive a società per azioni. Questo avrebbe ovviamente comportato il cambiamento dei modelli di funzionamento societari, dall’essere essenzialmente gestite in maniera amatoriale dalla passione di presidenti e tifosi senza alcun riguardo per la tenuta dei bilanci, a società che invece dotandosi di una struttura manageriale avrebbero avuto come mission il generare profitti e non perdite. Purtroppo è mancata la completa attuazione della Legge 91 e questo ha costituito un’occasione persa per il salto di qualità di tutto il comparto sportivo italiano, un salto mancato negli ultimi 30 anni.
Ritiene che il Financial Fair Play così com’è definito, con regole e prescrizioni precise e una rigida definizione dei parametri delle società possa trovare davvero piena attuazione da parte dell’UEFA?
Penso che sia possibile, Platini si gioca tutto il suo futuro su questa partita e certamente non vorrà perderla, a ben guardare il FFP è già oggi operativo, sebbene in una versione più morbida controllando solo i debiti verso altri club, giocatori e fisco. Eppure ci sono stati club già sanzionati come il Malaga cui nelle settimane scorse è stata confermata la condanna all’esclusione dalla prossima competizione europea alla quale si sarebbe qualificato (in questa stagione arrivato 6° e qualificato all’Europa League, ma non vi parteciperà N.d.R.).
Il FFP non deve essere visto come una gabbia preventiva che impedisce qualsiasi spesa, è piuttosto una verifica ex post dei bilanci per capire se una società sia in grado di sostenersi da sola senza generare debiti, instaurando quindi un meccanismo virtuoso, attraverso il controllo dei parametri d’indebitamento, il monte ingaggi in relazione ai ricavi (rapporto max. 70%), e altre voci.
Ci sono però tanti club che spendono moltissimo e non sembrano curarsi del FFP.
E’ vero, ci sono diversi casi come ad esempio il Manchester City, il Paris Saint-Germain e il Chelsea tra i più in vista, ma è importante capire che il comportamento che questi club hanno oggi sul mercato verrà analizzato e verificato e ovviamente nel caso in cui dovessero sforare i vincoli di bilancio saranno sanzionati (il FFP prevede sanzioni pecuniarie, penalizzazioni, fino all’esclusione dalle competizioni N.d.R.).
Abbiamo anche visto come alcune società siano riuscite a riportare il bilancio entro i parametri con sponsorizzazioni enormi, ad esempio, al PSG da parte dell’Autorità Turistica del Qatar (125 milioni di euro, addirittura retroattivi) laddove entrambe le parti sono legate ad uno stesso soggetto, lo sceicco Al Thani. Questo genere di operazioni, definite “con parti correlate”, saranno vagliate con attenzione attraverso il meccanismo del “fair value”. E cioè prendendo come parametro di riferimento la maggior sponsorizzazione prevista per la prossima stagione, dalla General Motors al Manchester United per 60 milioni, tenuto conto del valore di marchio e di società per tradizione, storia e dimensione del club inglese rispetto a quello francese si considererà quella come la sponsorizzazione-parametro per un club top.Giacché il valore societario del PSG, ma anche la sua storia, successi e valore del marchio è molto inferiore rispetto a quello del Manchester United, risulta subito chiaro che non è plausibile per il mercato una sponsorizzazione da 125 milioni per i francesi, laddove i Red Devils percepiscono meno della metà.
Per questa ragione, ai fini delle verifiche del Fair Play Finanziario si andrà a considerare solo una quota della sponsorizzazione del PSG, quella quota realistica rispetto ai parametri di mercato. Ai fini pratici, considerando l’intera sponsorizzazione, il PSG avrebbe chiuso il bilancio 2012 con un passivo di soli 5 milioni, mentre con il meccanismo del “fair value” chiuderà il bilancio con un passivo di 60-65 milioni, ponendosi quindi in difetto rispetto alle norme del FFP.
Ci saranno comunque da valutare diverse situazioni per molteplici club che grazie all’ingresso di nuovi azionisti hanno moltiplicato rapidamente e in maniera esponenziale i fatturati (ad esempio PSG da 100 milioni a oltre 250) ma senza incrementare i ricavi in maniera strutturale bensì utilizzando massicce iniezioni di capitale.
La settimana prossima la seconda parte dell’intervista!
Andrea Iovene
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Articolo modificato 12 Giu 2013 - 21:04