Eppure l’anno scorso, in diretta tv e davanti ad una calca di giornalisti e fotografi che affollavano la sala conferenze azzurra, non esitò a suggellare con una firma l’amore per questa terra e per questa squadra, prolungando il suo soggiorno all’ombra del Vesuvio. Il tutto accompagnato da parole struggenti, volte ad elogiare il lavoro del presidente e dello staff tecnico, grazie ai quali si è potuta palesare una concreta crescita della squadra, e infine sbandierando una maglia azzurra sulla quale era impresso quel rincuorante numero: 2017.
Insomma una tipica scenetta cinematografica, con tanto di suspance e colpo di scena finale, che rispecchia la consueta indole goliardica del nostro presidente, che il tifoso napoletano, in tutta la sua esasperata spettacolarità, ha imparato ad apprezzare.
Ma fermi tutti! Qui stiamo parlando di finzione. Perchè finzione è, come il cinema. Perchè i contratti nel calcio, a dispetto della giurisprudenza, sono spreco di carta ed inchiostro, perchè valgono il tempo che trovano. O meglio valgono, fin quando non bussa alla porta un pazzo magnate pronto a raddoppiare l’ingaggio.
Perchè non importa che Cavani è diventato il Matador, in questa squadra. Non importa che tra i giocatori del Napoli ha l’ingaggio più alto, perchè ritenuto elemento essenziale. Non importa che segna tanti goal, perchè dietro ha una squadra che costruisce un determinato tipo di gioco per lui. Non importa che Napoli, anche grazie a lui, è ritornata ad essere una grande squadra, e ha voglia di imporsi non solo nel campionato italiano, ma soprattutto in Europa.
Non importa niente di tutto questo, perchè sono mere questioni di cuore, che con il calcio non c’entrano. Non più ormai.
Nel calcio l’offerta migliore è dietro l’angolo. E non importa dei contratti, promesse, o delle clausole rescissorie. Se un giocatore decide di andare via, lo fa. Perchè questo è il calcio, un business. Però un business sporco, dove i soldi sono gli attori principali, e in cui l’avidità per una prospettiva di un guadagno migliore, dissimula tutte le parole e le questioni di principio. Perchè anche queste con il calcio, con questo tipo di calcio, non c’entrano niente.
Un anno fa, il Matador, stringeva tra le dita una penna, rigorosamente del Napoli , con la quale rinnovava il “si” a questa città, a questa terra e a questa squadra, ribadendo più volte “Io a Napoli sto bene, e ci voglio restare”.
E adesso quelle parole? Quel sorriso soddisfatto mentre stringeva tra le mani la maglia azzurra? Anche quelle erano parte di un copione? E i quattro anni da “smaltire” in maglia azzurra?
Questa volta il finale non è stato scritto. Per il momento ancora no. Il regista si fa da parte e lascia carta bianca all’attore protagonista. Resta a Cavani decidere.
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Alina De Stefano
Articolo modificato 17 Giu 2013 - 18:22