Sembra quasi, e non a torto, che il saluto del Matador alla Napoli che gli ha stravoluto bene debba per forza essere accompagnato da un “vaffa” in abiti eleganti, sempre con affetto e rispetto, ma comunque “vaffa”, basta che te ne vai e ci fai disporre dei tanti soldi coi quali comprare un paio di calciatori di pari livello. Anche perché un Cavani scontento mai potrà valere quello contento.
Del resto, a proposito di affetto, lo diceva pure Montale che “Molti affetti sono abitudini o doveri che non troviamo il coraggio di interrompere”. E a Napoli ci si è abituati all’addio alle cose preziose, pure nel pallone. Portano dolori sopportabili, talvolta al limite dell’irritabilità, lo smarrimento delle cose preziose, l’incuria e il degrado, figuriamoci la dipartita di un calciatore.
È vero, a volte all’ombra del Vesuvio s’è pianto più per l’addio di un giocatore di pallone che per il saluto a un pezzo antico e inimitabile della città, ma è pure vero che la gestione De Laurentiis, votata più all’uso della ragione contabile, sta poco a poco educando la passione (la cosa è un po’ triste) dei tifosi che non vorrebbero mai staccarsi dai loro beniamini.
Ma non è più un calcio affollato di beniamini eterni, ma soltanto di alfieri, bravi e meno bravi, utili a guidare la bandiera verso onori e vittorie. Qualcuno si traveste da gentil signore e qualcun altro non disdegna la sua carica mercenaria, ma, in fondo, come canta Max Gazzè, “Non è più come prima”.
Allora, se non è più come prima, si trovi il gusto agrodolce di assistere sereni e quasi indifferenti, ai viaggi dei tanti cavalieri erranti del pallone, delle loro chanson de geste, delle loro dame, regolari e irregolari, dei loro proclami e delle loro incompiute aspirazioni.
Napoli è una città dove ne succedono di tutti i colori, nel bene e nel male, è vero. Ma offre un vantaggio, almeno uno. Se perde una cosa, ne possiede subito un’altra per consolarsi. E non è detto che le consolazioni siano sempre magre.
Hamsik e Insigne suggeriscono qualcosa. Benitez, che la sa lunga, lo ha già fatto capire. Staremo a vedere, come si suole dire. E agli stadi e ai televisori mancano soltanto le ringhiere. E alle spalle, ci si volta difficilmente.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka
Articolo modificato 18 Giu 2013 - 01:21