Centottantasei centimetri di altezza distribuiti su ottantotto chili di peso, gioca bene con i piedi ma è comunque un destro, più bravo tra i pali che nelle uscite, religione evangelica, comunitario perché possiede il passaporto portoghese, carattere mite e due segni particolari: ha fama di pararigori ed è uno dei migliori amici di Neymar, che nella Seleçao preferisce allenarsi con lui quando deve provare i tiri dal dischetto. Premiato due anni fa come miglior portiere brasiliano under 21, Rafael ha una storia simile a tanti ragazzi del suo Paese. Nasce e cresce nel quartiere povero di Barrio Jardim, l’infanzia già di per sè difficile si complica quando viene a mancare mamma Mara, la maestrina del collegio dove studia Rafael. Scopre il calcio giocando per strada, il ruolo di portiere lo diverte e lo attrae, comincia così con il futsal, il calcio a cinque. Entra a far parte del Santos, nelle selezioni giovanili, ad appena dodici anni, poi decide di maturare altrove le proprie esperienze: inizia in Corea con l’Interclub Korea e ritorna in patria passando per il Bahia e per l’Ituano. Quando rimette piede al Santos, viene catapultato in prima squadra: riserva di Felipe ma titolare in una tournèe estiva americana con i New York Red Bulls. Gioca, e gioca bene, inevitabilmente conquista i galloni da titolare e ad appena vent’anni diventa il numero uno della squadra dei suoi sogni, anche perché Felipe nel frattempo ha traslocato al Flamengo.
In quella squadra giocano Neymar, Ribeiro, Ganso, arrivano la vittoria nel campionato paulista e in Copa Brasil. Il capolavoro è il trionfo in Coppa Libertadores vinta contro il Peñarol: in finale il Santos arriva grazie a un rigore parato da Rafael negli ottavi, avversari i messicani dell’America. È la sua vetrina, l’Europa si accorge di questo ragazzone che in Brasile chiamano “A muralha da Vila”, la muraglia di Villa Belmiro, che è il nome dello stadio del Santos. Siviglia e Palermo lo corteggiano, lui però decide di restare a casa. Salta per infortunio le Olimpiadi di Londra, arriva comunque la convocazione in Nazionale: lo chiama il ct Menezes per la sfida contro l’Argentina. Ed è protagonista nell’ultima finale di campionato paulista persa contro il Corinthians di Pato, dove viene giudicato miglior giocatore. Il Napoli si accorge di lui, non lo perde più di vista, e quando Benitez lo chiama lui dice finalmente sì all’Italia.
Fonte: Il Mattino
Articolo modificato 30 Giu 2013 - 09:45