Cavani bandiera \ Che i tempi siano cambiati rispetto a quel calcio romantico che ha fatto innamorare milioni di persone, è una certezza, oltre che la classica scoperta “dell’acqua calda“. C’è un però che ha il dovere di fermare i tempi, c’è un aspetto che dovrebbe restare immutato, nonostante lo show business che il calcio è diventato nell’ultimo decennio. La sfilata dei buffoni, il circo dei procuratori, il teatrino dei presidenti e la pantomima di tutti gli addetti al calcio dovrebbe almeno rendere immune un’aspetto che avrebbe dovuto restare come certezza in questo mondo di ladri, come la direbbe Venditti. Uno solo, unico nel suo genere, un uomo capace di restare lontano da tutto ciò che circonda un ambiente marcio, un calciatore in grado di rappresentare il prototipo di campione attaccato alla maglia, ai colori, alla gente, alla città non può di certo scomparire, è una figura a cui il popolo ha bisogno di aggrapparsi poiché figlio di un ideale, portatore sano di una mentalità, diretta espressione di una terra, di una fede, di un modo di essere.
Il moderno esecutore di queste gesta è sicuramente Francesco Totti, forse l’ultima bandiera vivente, in un calcio che ha il bisogno assoluto di rigenerare uomini in grado di portare avanti questo fardello pesante, ma necessario per l’amore dei tifosi, difficile da abbracciare ma indispensabile per consentire agli innamorati cronici di credere ancora che in questo sport ci sia qualcosa, qualcuno in grado di andare al di là del danaro, del blasone, del prestigio e della fama, disposto a lottare con la squadra che lo ha adottato per arrivare ai traguardi più belli per la carriera di un calciatore principalmente per vedere gioire quelle persone che ti vogliono bene come un figlio. Lo stesso Alessandro Del Piero, dall’altra parte dell’emisfero, nonostante quel piccolo tradimento della dirigenza bianconera quando gli hanno dato il benservito senza troppi giri di parole, continua a lanciare messaggi d’amore per la sua ex squadra, seguendola sempre, festeggiando per le vittorie ultime. Come dimenticare Javier Zanetti, argentino interista, campione in campo e fuori, esempio di professionalità, calciatore che non ha mai minimamente pensato di lasciare la squadra, destinato ad entrare a far parte della dirigenza nerazzurra quando deciderà di smettere, cosa che, nonostante il grave infortunio capitato ultimamente, sembra ancora lontana. Questo a dimostrazione che quando una maglia, un popolo, ti è entrato dentro, nemmeno migliaia di chilometri sono in grado di separarti da chi ti ha eletto portavoce di una fede, bandiera eterna che mai verrà ammainata.
A Napoli si sono avvicendati personaggi che hanno rappresentato questa figura, negli anni si sono avuti i vari Totonno Juliano, Giuseppe Bruscolotti, forse avvantaggiati dal fatto di essere nati in questa terra, e quindi più inclini a comprendere e condividere determinati fattori, forse per un uomo che è nato altrove è più difficile, anche se casi del genere ce ne sono stati, cioè uomini che, pur non essendo nati in quella terra, hanno abbracciato del tutto ogni sfaccettatura di quel popolo, divenendone la chiara espressione in campo, fungendo da rappresentante nel mondo di quei colori, orgoglio dei propri tifosi. In casa nostra, ad esempio, potremmo citare Bruno Pesaola, argentino di Buenos Aires, ma divenuto ben presto figlio adottivo di questa città, al punto da stabilirsi qui, divenendo napoletano a tutti gli effetti. Senza voler andare troppo indietro con gli anni, affacciandoci dalla finestra dei giorni nostri, potremmo citare “l’oriundo” Totò Di Natale, oramai friulano a tutti gli effetti, anch’egli ha rifiutato le sirene delle grandi squadre come moneta più legittima per ripagare la stima della famiglia Pozzo che lo ha abbracciato ad Udine quando non era il grande fenomeno che è divenuto nel tempo. Da citare anche all’estero, l’esempio di Ryan Giggs, gallese over 40 e innamorato del Manchester United al punto da passarci l’intera carriera, e forse anche più, visto che sarà il secondo coach del nuovo mister.
Dopo il lungo preambolo, vorremo non scadere nella solita, amara ed estenuante conclusione che smascheri il Sig.Cavani e lo faccia sembrare un mercenario, ci piacerebbe soltanto evidenziare pochi aspetti per ammettere mestamente di aver frainteso. Già, abbiamo frainteso che fosse possibile affidare ad un calciatore che ha dato tanto al Napoli, ma che ha ricevuto altrettanto, lo scettro, pesante come un macigno, di bandiera azzurra, uomo capace di portare il verbo napoletano nel mondo, per divulgare una fede, un amore incontrastato, un modo di essere, una mentalità che ha bisogno di un esecutore con le spalle larghe per essere distribuita e divulgata. C’eravamo sbagliati, non è lui. La sua scelta, quella di andare a Parigi, la dice lunga e vale più di ogni altra parola. Quanto sono lontani ora i giorni in cui diceva di voler vincere con questa maglia, per questa gente? Dove sono finite quelle sensazioni che rendevano possibili gli sguardi al cielo per ringraziale quel Dio che oggi sembra aver preso forma attraverso una banconota (beh, tante banconote)?
Resta una certezza, quella di dover al più presto affidare a qualcuno questo fardello, difficile ma, ripetiamo, indispensabile, di icona napoletana al cospetto del mondo, un campione dapprima fuori dal campo, che sappia allontanare in fretta l’amarezza per lo scotto dell’addio di un leader che aveva fatto breccia nel cuore della gente, che ora si sente abbandonata dall’ennesima scelta dettata dai soldi. Ah, se non avessi pronunciato tante di quelle frasi che hai detto, caro Edi, forse oggi la tua scelta sarebbe stata più comprensibile. Ma a Napoli non si mente, ai napoletani bisogna parlare solo quando è il cuore a chiederlo di fare, le frasi fatte ed i luoghi comuni sono come i nodi, prima o pi vengono al pettine. Dicevamo del successore in grado di portare lo scettro che Cavani lascerà da qui a qualche giorno, che sia Insigne, gioiello “Made in Naples“, il nuovo portabandiera azzurro? Beh, si sa, già essere napoletano potrà costituire titolo preferenziale.