Dal singolo al collettivo, la rivoluzione di Benitez

napoli comincia la stagioneIl Napoli comincia la stagione Iniziata oggi la stagione 2013/14 per la SSC Napoli, che si appresta ad un nuovo inizio ricco di incognite ma anche di sfide affascinanti. Si cambia radicalmente pelle nel progetto tecnico, con il nuovo allenatore si punta decisamente sull’idea di squadra, collettivo e organizzazione più di quanto abbia mai fatto il vecchio allenatore. Quante volte ascoltando le opinioni di tecnici e opinionisti più o meno qualificati, su tutti Arrigo Sacchi, abbiamo sentito affermare che i risultati del Napoli erano più frutto dell’estro dei singoli che di un’organizzazione di gioco? E naturalmente, a torto o a ragione, ognuno si è sentito in qualche maniera toccato se non addirittura offeso, perché oltre che a vincere ad ogni tifoso piace sentire il riconoscimento esterno, “certificato”, che la propria squadra sia la migliore o tra le migliori a 360° e quindi anche nel gioco.

Il marchio Rafa Benitez ha fatto della sua carriera un manifesto, dimostrando che si possono ottenere risultati eccellenti senza avere 11 fenomeni, ma avendo invece tanti buoni giocatori all’interno di un sistema che funziona, ne è una dimostrazione il fatto che sia riuscito ad esempio a vincere per due stagioni in tre anni la Liga Spagnola, un campionato dove è noto che a vincere sono solo due squadre, con un Valencia che poteva vantare una rosa di  17-18 buoni giocatori, senza però nessun fenomeno, laddove i giocatori più rappresentativi erano il portiere Canizares, il difensore Roberto Ayala (che a Napoli tutti ricordano), il centrocampista nazionale Albelda e l’attaccante Angulo. Nessun nome da far saltare sulla sedia quindi, eppure quel Valencia ha conquistato due campionati e una Coppa Uefa. E ancora a Liverpool, dove pur potendo contare sul mitico Steven Gerrard, il resto della squadra era composto tanti buoni giocatori ma nessun fuoriclasse, ecco la formazione che vinse la Champions nel 2005: Dudek, Finnan, Carragher, Hyypia, Traore, Luis Garcia, Xabi Alonso, Gerrard, Riise, Kewell, Baros. E quasi la stessa squadra ha conquistato ancora una semifinale e una finale europea.

Rivoluzione Questa rapida carrellata serve a chiarirci una volta di più come Rafa intenda il calcio, ovvero come un’orchestra che suona lo stesso spartito e nella quale tutti i giocatori (e non uno o due) siano valorizzati ed esaltati dalla organizzazione collettiva, si tratta per gli azzurri di un grosso step mentale da fare, visto che dal ritorno in serie A nel 2007, di fatto il Napoli ha sempre avuto un gioco fatto di strappi e invenzioni di alcuni giocatori (Lavezzi e Cavani su tutti) senza però mai acquisire quella forza di squadra che ci avrebbe per esempio consentito di tornare da Londra con la qualificazione due stagioni fa, o di supportare meglio quel turnover che ci ha portato spesso figuracce in Europa League. Come Arrigo Sacchi, Benitez non ha niente contro i giocatori bravi, e chiaramente ha piacere ad allenarli, ma non vedremo più una squadra che si mette al servizio del suo centravanti (seppur con buoni risultati), vedremo undici giocatori che insieme producono gioco, si muovono e fanno girare il pallone sapendo già dove è posizionato il compagno a lato, alle spalle, davanti. Servirà quindi che ognuno dei calciatori si assuma un po’ di responsabilità in più. Se questo penalizzerà i nostri giocatori top, come Insigne, Hamsik, Pandev etc? No certamente perché all’interno di una organizzazione che funziona il talento viene sempre e comunque esaltato.
Non resta che sedersi e guardare questa squadra trasformarsi, avendo certamente una buona dose di pazienza all’inizio, perché non sarà facile, e allora in bocca al lupo Napoli!

Andrea Iovene

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