Lutz Eigendorf, un divieto di stato, alcuni documenti e un dossier senza fine. Gli anni del muro di Berlino hanno preteso tante cose, compresa la gelosia, l’esclusiva politica di un paese a discapito di un altro, il dispetto funzionale di una parte del mondo contro un’altra. Anche il solo tentativo di scavalcarlo poteva significare morire. Un colpo di fucile e l’istantanea dimostrazione che quel tentativo veniva interpretato come un’evasione.
Libri, documentari, confessioni, testimonianze, rivelazioni e pettegolezzi sono serviti a contribuire alla composizione del mistero, alla sua aneddotica, al suo sistema di partecipazioni, ma non l’hanno risolto. I fondati sospetti di spionaggio intorno alla vicenda di Eigendorf sono stati uno dei simboli di controllo spietato e raffinato di un apparato di stati continuamente affacciati alla finestra per scorgere l’andirivieni clandestino dalle due sponde della cortina di ferro berlinese.
C’è stata un’epoca in cui il mondo ha spiato il mondo, e quell’epoca è il fossato diviso in due tra due facce del planisfero a confronto. In quegli anni, politici, intellettuali, artisti, scienziati, gente di spettacolo, atleti, nessuno escluso, poteva rientrare nella lista dei sospettati, dentro o fuori i confini delle due germanie. Come nel film “Le vite degli altri”, di Florian Henckel von Donnesmarck, spiare qualcuno, soprattutto in Germania est, significava insinuarsi come un batterio nelle case, nelle automobili, nei luoghi di lavoro, penetrando nelle pareti, sistemandosi addirittura negli angoli più nascosti dell’intimità. Lo spionaggio attraverso il possesso assoluto dell’umanità.
Lutz Eigendorf, soprannominato il “Beckenbauer dell’est”, nel marzo del 1979, approfittando di una sosta turistica durante il viaggio di ritorno da Giessen, dopo la partita giocata tra la Germania est e il Kaiserslautern, scappa dal gruppo, pare, infilandosi in un taxi dopo aver approfittato della folla, per non tornare più.
Lutz in quel momento diventa un fuggiasco, perché nonostante ai cittadini della Germania est sia possibile guardare il muro, non possono oltrepassare il confine tra le due germanie, previa autorizzazione delle autorità della DDR, la Repubblica democratica tedesca, la Germania dell’est. E sono proprio le autorità poliziesche a prenderla male. I servizi segreti della Stasi, il celebre corpo di sicurezza della Germania orientale, nella persona di Erich Mielke, ministro della sicurezza e capo della Stasi, si legano al dito l’affronto del giovane talento tedesco.
Mielke è anche il presidente della Dinamo Berlino, dove Lutz gioca come trequartista, e la fuga del suo calciatore è un insulto al governo quanto alla sua persona. Eigendorf diventa un osservato speciale delle spie orientali. Con lui, anche la sua famiglia è oggetto di controllo, al punto da indurre la moglie a chiedere il divorzio e a sposare un’altra persona, probabilmente legata alle agenzie segrete della Stasi stessa.
Era molto in uso nelle autorità tedesche, durante quegli anni, l’utilizzo di agenti “Romeo”, uomini affascinanti capaci di sedurre mogli e fidanzate di persone finite nel mirino dello spionaggio, al fine di minarne l’ambiente familiare onde riuscire a isolarli e quindi a indebolirli più facilmente. Ma Lutz sa molto bene che la sua fuga dalla Germania est gli costerà la perdita della sua vecchia vita, e si prepara subito a costruirsene un’altra, risposandosi e facendosi nuovi amici. Tra questi, Karl Heinz Felgner, campione di pugilato della Repubblica democratica che, secondo quanto da lui stesso rivelato a Lutz, ha ottenuto dei permessi speciali dalla Stasi per poter liberamente circolare tra le due germanie.
Nonostante la nuova vita e le aspettative sul suo conto, Eigendorf non ha fortuna. Il suo talento non gli basta. Dopo sanzioni da parte della FIFA a causa del contratto non rispettato con la sua vecchia squadra, è costretto a frequenti pause forzate, per infortuni che gli impediscono di esprimersi al meglio.
Fattosi intervistare da una televisione della Germania ovest, davanti al muro di Berlino, Lutz critica aspramente il calcio della Germania est, il sistema di controllo dei suoi atleti e lancia un messaggio d’invito ai calciatori della DDR di abbandonare il campionato della Rdt per farsi ingaggiare dai club dell’ovest.
L’intervista, la fuga, la sua chiara decisione di schierarsi con la Germania occidentale, almeno per testimoniare le contraddizioni di quella orientale, indispettiscono la Stasi e i suoi dirigenti. Ma, oltre le ovvie ipotesi che ogni fuggiasco considerato traditore sarebbe capace di immaginare, nulla di esemplare sembra verificarsi a suo discapito. Finché ai primi di marzo del 1983, giorno 5, le “idi” di Eigendorf si rivelano un piano di sventura, perché il calciatore tedesco muore in un incidente stradale, causato, sembra, dal fatto di essersi messo alla guida in stato di ubriachezza.
Il giornalista Jochen Doring, autore di un documentario sulla vicenda, sostiene che sia stato Mielke a ordire un complotto, organizzando un finto incidente per far sembrare la cosa accidentale. Anche un documento uscito dagli archivi di uno dei Dipartimenti di Stato rafforza la tesi di Doring, rivelando intorno all’incidente di Lutz la possibile somministrazione di una sostanza chimica che avrebbe agito negativamente, ma che poi avrebbe lasciato spazio all’ipotesi dell’abuso di alcol. In realtà, anche sulla base di valutazioni compiute da avvocati ed esperti dei misfatti orditi dalla DDR, non è mai stato possibile accertare l’eventualità che la morte di Lutz fosse stata causata da un finto incidente.
Una cosa, però, è stata scoperta dopo molti anni. Ai tempi della fuga in Germania occidentale, una persona che conosceva bene Lutz Eigendorf aveva ricevuto l’offerta, con tanto di compenso in denaro, di uccidere il calciatore. Ma questa persona si era rifiutata. La stessa, facendo parte della schiera dei celebri agenti “Romeo”, aveva però cercato di sedurre la moglie di Lutz, Gabriele, la quale non aveva ceduto alle avance di questo agente segreto in abiti di latin lover.
Questa persona molto vicina a Eigendorf era il suo amico Felgner, inviato in Germania ovest per fingersi amico di Lutz, col compito di carpirne informazioni e stati d’animo. Karl Heinz Felgner, l’ex pugile amico di Lutz, era in realtà un agente segreto della Stasi, l’ennesima spia insinuatasi nella vita di un’altra persona con la maschera di un amico.
I misteri della vita di Lutz Eigendorf, citati pure nel libro “La valigia dello sport” di Alessandro Mastroluca, le inchieste di Jochen Doring, il documentario del giornalista tedesco, le testimonianze intorno alla vita segreta di Felgner, l’uscita di documenti riservati, processi e rivelazioni, parole e silenzi, formano un insieme di elementi storici e documentaristici, di ipotesi, di impressioni e di dubbi, intorno a una delle tante vicende personali di molti cittadini di quegli anni, con un guardaroba per due vite, e imprigionati in entrambe.
Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka