L’arrivo di Fabio Pecchia come vice di Benitez è stato l’unico segnale per mettere in pratica questa filosofia, tanto affascinante quanto complicata: diffondere il pensiero napoletano sarà sicuramente sempre più difficile visti i nuovi arrivi ed i prossimi obiettivi, tutti rigorosamente stranieri e provenienti da altri campionati. Basti pensare al prossimo reparto dei portieri che potrebbe essere tutto verdeoro: Julio Cesar e Rafael, due ottimi “numeri uno”, il primo già affermato e conosciuto, il secondo tutto da scoprire ma che promette bene, di sicuro però, non idonei a mettere in pratica la napoletanità.
Il nesso logico tra modo di pensare e modo di agire del numero uno partenopeo ci lascia immaginare che forse il progetto tende più verso un’altra strada, anch’essa sponsorizzata in maniera evidente: l’internazionalità. Infatti, il Napoli degli ultimi anni ha lasciato le acque del golfo per navigare verso acque più internazionali, ed il sapore della Champions League, provato dopo una lunga attesa, è stata la marcia in più per innescare questo processo.
Un progetto che cresce progressivamente e positivamente da anni, senza conoscere ostacoli, ma con una piccola spina nel fianco, il sogno di creare un Napoli di napoletani o ,almeno, un Napoli che pensi in napoletano. Forse, è un sogno che rimarrà tale.
La sua attuazione ha conosciuto il punto più critico nella vicenda Quagliarella: con il suo arrivo sembrava potersi concretizzare in realtà, quest’ultima però, dopo appena un anno conobbe subito la sua interruzione; un napoletano che sarebbe potuto diventare la bandiera del Napoli approdò nella Juventus facendo crollare quei pochi mattoni sui quali posava quella tanto amata e sospirata “napoletanità”.
Gaetano Brancaccio
Riproduzione riservata
Articolo modificato 12 Lug 2013 - 16:05