RICERCA – A.A.A. cercansi sogni disperatamente. Voglia di crescere, voglia di urlare a squarciagola, voglia di impazzire ancora il martedì e il mercoledì; il sabato e la domenica: sì, bene, ma con chi? Con tutti quelli che ci sono, d’accordo, forza ragazzi, forti e brillanti, ma poi? Considerando che a Eduardo Vargas detto Edu non è riuscita, in barba alle intenzioni e alle speranze, la missione di sostituire Lavezzi in campo e nel cuore dei napoletani, nelle prossime settimane, facciamo anche nei prossimi giorni, De Laurentiis dovrà trovare il modo di curare la ferita della cessione di Cavani. La medicina? Okay Leandro Damiao, virgulto della Selecao con buone credenziali, ma soprattutto un diktat: investire i sessantadue milioni di euro-sessantadue, ovvero l’importo della clausola rescissoria escluso il famoso contributo, per la consacrazione definitiva del Napoli. Del Napoli dei napoletani. Problema. Problemino mica da poco. Collezione, serie: di rifiuti o impedimenti vari e molto poco eventuali, piuttosto matematici e prevedibili, legati soprattutto alla famosa questione dei diritti d’immagine. Dolore vero, un pugno in faccia e un colpo al cuore, il secco “no, grazie”, che Mario Gomez ha infiocchettato con tanta gentilezza e altrettanta correttezza, pur di non venir meno alla parola data alla Fiorentina. Domanda: ma se tutti, anche le pietre, sapevano della cessione imminente di Cavani già da una vita, perché non scattare in anticipo e assicurarsi la parola di Gomez, peraltro molto gradito a Benitez, in tempo utile? Chissà quali argomenti poco convincenti lo hanno spinto a declinare la chiamata di De Laurentiis e del Napoli. La squadra vice campione d’Italia che, rispetto ai viola, giocherà anche in Champions. La coppa che lui stesso, Mario Gomez, ha alzato non più tardi di maggio e che ora vedrà in tivvù. Ebbene, chi resta all’altezza di Cavani? Tolto Lewandowski, promesso sposo del Bayern, verrebbe da dire: Dzeko, Suarez, Higuain, Jovetic e anche Osvaldo. Pokerissimo. Senza cip, parola e bluff: per convincerli, anzi per provare a convincerne almeno uno bisogna investire tanto, tantissimo. Il giusto, considerando gli introiti. Anche tutto se necessario: lo chiede la Champions, lo impone il ciclo inaugurato e che lasciare incompleto varrebbe un delitto. Ma non finisce, non finirebbe mica così: bisogna completare la squadra secondo le indicazioni di Benitez con un altro attaccante di buon livello; uno/due difensori; magari un centrocampista. Investire: memorizzare, coniugare, declinare e farne buon uso. Tutto dentro, all in, fino all’ultimo cent: i sessantadue milioni di euro in arrivo dal Psg sono una garanzia sul futuro del Napoli, un assicurazione sulla crescita e contro i rischi. Altroché.
STUDIARE – E allora, non resta che studiare, mettere a punto la strategia migliore possibile e scattare in avanti, in attacco e segnare proprio come faceva il Matador: De Laurentiis ha preso il Napoli dal fallimento, certo, lo sanno tutti e tutti gli riconoscono il merito, ma allo stesso tempo non è possibile immaginare come una società con sei milioni di tifosi nel mondo, gente irrimediabilmente malata di febbre azzurra, possa pensare di non rimettere in circolo quanto incassato in una botta sola. Investire, il verbo unico. Investire tutto. Perché sognare, nel calcio, costa anche qualche sacrificio. Diciamo così.
Fonte: Il Corriere dello Sport
Articolo modificato 13 Lug 2013 - 12:06